Dimensione del testo
ALTO CONTRASTO (CHIARO)
ALTO CONTRASTO (SCURO)
FONT ACCESSIBILI

Etica e cooperativa

Vita associativa e governance

Etica e cooperativa

Dell’economia buona. Ovvero, della buona economia

Il 2 ottobre al Festival di Internazionale a Ferrara si terrà l’evento, promosso da Banca Etica, Finanza for dummies, con Serena Dandini, Andrea Baranes ed Emanuele Campiglio. In preparazione, pubblichiamo alcuni stralci dell’introduzione del libro “L’economia buona” di Emanuele Campiglio (Bruno Mondadori Editore)*.

Questo è un periodo stimolante per parlare di economia

Gli argomenti oggi sul piatto sono numerosi e variegati. Lo stato dell’economia globale è tale da richiedere un’approfondita riflessione sulle dinamiche che la governano e su come gestirle in modo appropriato.

La crisi non è che la più immediata tra le molteplici questioni che devono essere oggi affrontate a livello globale. Due tra le più rilevanti sono quella ambientale – dipendenza da risorse soggette a esaurimento, volatilità dei loro prezzi, cambiamento climatico – e quella sociale, con particolare riferimento alla stagnazione dei livelli di benessere nei paesi occidentali e all’apparente processo di degrado del tessuto delle relazioni comunitarie. Questi argomenti sono connessi tra loro in modo inestricabile e non è possibile risolverne uno senza agire anche sugli altri.

Alla grande varietà di temi si aggiunge la forte espansione della platea del dibattito. Le questioni economiche non sono più prerogativa di un circolo ristretto di “esperti”, ma aperte invece alle interpretazioni provenienti da molteplici soggetti: singoli cittadini, comunità territoriali, organismi della società civile, studiosi o policy-makers, che hanno tutti la possibilità di accedere alle informazioni in modo autonomo e di partecipare in prima persona alla formazione dell’opinione pubblica.

Questa diffusione di conoscenza è stata accompagnata da una presa di consapevolezza riguardo al ruolo dei comportamenti individuali e collettivi. Esiste ormai un’abbondanza di esempi di come sia possibile orientare la propria condotta – di consumo, di risparmio, di lavoro, di partecipazione – a favore del modello di società che si ritiene più giusto.

È necessario oggi non solo costruire una visione d’insieme di un sistema alternativo, capace di assicurare una prosperità diffusa e allo stesso tempo in grado di mantenersi all’interno dei limiti imposti dall’ambiente naturale in cui esso si inserisce, ma anche e soprattutto identificare le strategie – pratiche, politiche e teoriche – per arrivarci. Occorre cioè delineare i tratti di ciò che può essere chiamata una “Grande transizione”, ovvero un processo condiviso di riorganizzazione delle libertà che coinvolga le comunità, l’ambiente, le norme sociali, la cultura e, naturalmente, l’economia.

Cosa c’è che non va?

Per capire quali potrebbero essere le caratteristiche di una nuova economia è innanzitutto necessario identificare ciò che sembra non funzionare nel sistema attuale. Esso ha sicuramente dimostrato di essere in grado di generare sostanziosi benefici, capacità testimoniata dalla prolungata assenza di grandi conflitti almeno nel nostro emisfero, dall’eccezionale espansione delle possibilità di consumo avvenuta in numerosi paesi (soprattutto quelli occidentali) e dalla relativa stabilità delle società nazionali. Ma, per quanto importanti siano questi traguardi, molto cammino rimane ancora da fare.

1. L’instabilità del sistema economico e le sue ripercussioni sociali

Quella in corso dal 2008 non è certamente la prima crisi finanziaria. Sembra tuttavia che il sistema capitalistico sia diventato sempre più vulnerabile a una volatilità dei mercati che lo trascina attraverso cicli continui di crescita e recessione. Il sistema finanziario è tra i maggiori protagonisti di questa dinamica, e riveste un ruolo di primissimo piano nella crisi attuale. Nel corso degli anni la finanza si è sempre più distaccata dalla realtà economica giungendo a configurarsi come una gigantesca entità a se stante che appare impossibile controllare. Il valore globale dei titoli in circolazione, prodotti dalle recenti innovazioni finanziarie, supera di gran lunga il valore dell’intera produzione globale, e i loro caotici movimenti sono in grado di decidere le sorti di intere nazioni. Si ritiene da più parti necessario un ritorno della finanza al suo ruolo originario, quello, cruciale, di appoggio all’impianto produttivo delle economie.

2. Lo sbilanciato rapporto tra economia, risorse e ambiente

E’ facile dimenticare quanto il nostro intero sistema produttivo – e l’esistenza della stessa umanità – sia completamente dipendente dalle risorse materiali presenti sul pianeta. Gli ecosistemi naturali offrono una gamma di “servizi” che vengono il più delle volte considerati scontati e immutabili, come la produzione di ossigeno, il mantenimento del ciclo idrico, la regolazione del clima, il processo di rigenerazione del suolo, e molti altri. Nel corso dei secoli tuttavia le società umane sono giunte ad avere un impatto più che significativo sul loro buon funzionamento, mettendone in pericolo la stessa esistenza. Un’altra questione di cui è necessario occuparsi con rapidità è quella del cambiamento climatico, la cui evoluzione è tutt’altro che prevedibile.

3. I limiti sociali della crescita

Un terzo gruppo di questioni fa invece riferimento alla capacità del sistema economico di conservare e migliorare il benessere delle comunità che compongono il mosaico sociale della globalizzazione. Esistono evidenze empiriche che mostrano come il capitale sociale delle società occidentali sia stato soggetto nel corso degli ultimi decenni a un processo di lento degrado (Putnam, 2000). C’è poi la questione fondamentale della misurazione del benessere di una società. Attualmente il metro di giudizio universale è quello della crescita del Prodotto Interno Lordo, ma è un fatto ormai riconosciuto che il benessere dipende da una varietà di dimensioni che va ben oltre ciò che è misurabile in termini monetari, come lo stato di salute, il livello di educazione, il grado di coinvolgimento nella vita sociale, la qualità dell’ambiente.

Che fare?

Se la necessità di un cambiamento è ormai condivisa dalla maggioranza degli osservatori, minore accordo esiste sulle strategie da adottare. Da un lato vi è chi ritiene necessario affidarsi ancora di più ai meccanismi di mercato ed evitare interferenze con il libero movimento di merci e capitale, dall’altro si invoca con forza il sovvertimento dell’impianto di produzione apitalista.

Questo libro vuole proporre e descrivere alcune alternative che riteniamo appropriate e realizzabili. Obiettivo ultimo è un sistema capace di coniugare il mantenimento quanto più esteso delle libertà individuali (di consumo e di profitto) con una dinamica economica florida ma equilibrata, il rispetto dei vincoli ambientali e un progresso sociale equamente distribuito. Modificare l’assetto economico è una sfida imponente, considerando quanto i suoi meccanismi si sono ormai radicati nei comportamenti individuali, d’impresa e di governo, e necessita di una pluralità di metodi d’azione e della partecipazione di più attori sociali.

A un estremo della scala vi sono i singoli individui, che possono adottare determinati comportamenti per risparmiare energia, consumare prodotti non inquinanti, premiare comportamenti responsabili d’impresa o partecipare attivamente alla vita sociale della propria comunità. Questa sfera d’azione “dal basso” si è fortemente sviluppata negli ultimi anni, ed è particolarmente visibile nei comportamenti legati al consumo. Si pensi per esempio al grande successo del commercio equo e solidale, o a quanto è grande la domanda per prodotti originati da agricoltura biologica. All’altro estremo si ritrovano alcuni macro-attori: governi, banche e sistema finanziario, apparato produttivo ed energetico, istituzioni internazionali.
Questa può essere intesa come una visione “dall’alto” del cambiamento. Si tratta sicuramente di uno dei tasti più dolenti, poiché il più delle volte alle affermazioni di principio sulle intenzioni di guardare al futuro e alle prossime generazioni si accompagnano, invece, decisioni deboli che guardano al breve, o brevissimo, periodo.

Ma, negli ultimi anni, qualcosa sembra essersi messo in moto e nel libro ci concentreremo sullo sforzo in atto volto a creare una green economy.

Entrambi gli approcci – quello micro dei comportamenti individuali e quello macro delle politiche nazionali e internazionali – sono ugualmente fondamentali per la buona riuscita della transizione, e per ognuno esistono specifici ambiti di responsabilità.
Le maggiori potenzialità in termini di efficacia sono da attribuire al livello intermedio della scala, che fa riferimento all’ambito d’azione territoriale, in cui le due direzioni – dal basso e dall’alto – si possono intrecciare lavorando con obiettivi e strategie condivise.
(…)
Un insieme di politiche appropriate a gestire la trasformazione del sistema deve essere sostenuto e accompagnato da un chiaro quadro teorico di riferimento, che al momento sembra mancare, o perlomeno essere ancora in via di formazione. In questo senso studiosi e policy-makers sono oggi chiamati a un lavoro impegnativo ma fondamentale: formulare un ambizioso piano di strategie di lungo periodo che simultaneamente assicuri una prosperità diffusa ed equamente distribuita, riconduca la finanza al suo ruolo di appoggio all’economia reale, protegga il buon funzionamento degli ecosistemi naturali e favorisca il pieno sviluppo fisico e intellettuale degli individui.

*Per gentile concessione dell’autore, Emanuele Campiglio