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Finanza etica

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Banca Etica e la Campagna 005 (che riunisce 50 organizzazioni della società civile italiana che sostengono la tassa sulle transazioni finanziarie) sono rimaste molto deluse del servizio sulla così detta “Tobin Tax” andato in onda il 23 ottobre a Ballarò. Il servizio infatti ha marcato possibili (e tutte da dimostrare) criticità legate all’applicazione della tassa, trascurando del tutto di metterne in luce gli aspetti positivi, che a nostro giudizio sono nettamente superiori.
In particolare il servizio di Ballarò esponeva il caso di un esportare di divani di design italiano che – poiché vende all’estero e in altre valute – si assicura contro il rischio di un cambio svantaggioso sottoscrivendo un derivato in banca. Questo derivato sarebbe sottoposto alla tassazione dello 0,05%. Vale a dire che sui 100.000 euro ipotizzati per il prezzo del divano l’esportatore pagherebbe 50 euro di Tobin Tax. Pur comprendendo la necessità di sostenere l’export italiano siamo convinti che una tassa di 50 euro su 100.000 euro di incasso sia sostenibile, soprattutto se questa stessa tassa, applicata a chi non produce economia reale ma a chi specula, sarà capace di generare un gettito in grado per esempio di consentire una nuova suddivisione del carico fiscale, che andrà a vantaggio anche degli esportatori.
Soprattutto, la possibilità di sottoscrivere dei derivati per tutelarsi dal rischio di variazione dei cambi è diventata una necessità per molti imprenditori che importano ed esportano proprio in ragione della volatilità e instabilità dei mercati, e di quello valutario in particolare. Questa instabilità è legata in massima parte proprio all’utilizzo spregiudicato dei derivati, che interessano volumi di decine o centinaia di volte superiori a quelli dell’economia reale.
E’ un peccato che il servizio di Ballarò abbia insistito unicamente sui potenziali effetti negativi della TTF, senza considerare in alcun modo le ricadute positive, a nostro parere enormemente maggiori anche per le imprese, che hanno portato alla richiesta di una sua introduzione. Una tassa sulle transazioni finanziarie diminuirebbe i volumi speculativi, quindi le oscillazioni e la volatilità sui mercati, quindi la necessità di ricorrere a strumenti derivati per tutelarsi contro queste stesse oscillazioni.

I derivati sono nati come strumenti di assicurazione contro dei rischi, ma sono oggi utilizzati quasi esclusivamente come scommesse. Il caso di un imprenditore che acquista un derivato per tutelarsi contro il rischio di fluttuazione dei cambi su un’esportazione è purtroppo una mosca bianca nell’attuale panorama finanziario. Si stima che circa il 99% dei derivati scambiati ogni giorno non preveda la consegna del sottostante. Tornando al caso citato nel servizio, 1 derivato su 100 è stipulato da un imprenditore che vuole coprirsi da un rischio. 99 su 100 da scommettitori che vogliono guadagnare dalle oscillazioni dei cambi. E’ possibile in un servizio televisivo si occupi unicamente dell’1% del mercato, “dimenticandosi” del 99%?

Ancora peggio, sempre più spesso gli imprenditori non utilizzano più i derivati per coprirsi da eventuali rischi, perché questi stessi strumenti sono diventati a loro volta troppo rischiosi e incomprensibili. La finanza speculativa ha talmente preso il sopravvento su quella “utile” da sminuire o in molti casi cancellare gli stessi ruoli e funzioni per cui gli strumenti finanziari sono stati pensati.

Più in generale, il discorso dovrebbe comprendere una valutazione complessiva di quale modello finanziario vogliamo. Se inteso come uno strumento al servizio dell’economia o in massima parte come un casinò fine a se stesso per fare soldi dai soldi in tempi brevissimi.
Se la Tobin Tax sarà davvero il granello negli ingranaggi della finanza tossica che ha provocato la crisi che stiamo vivendo, se essa riuscirà davvero a rallentare il ritmo della speculazione e a rilanciare la vera funzione della finanza che è quella di reperire risorse sul mercato per finanziare l’economia reale, alla fine a beneficarne saranno anche le aziende che esportano che troveranno di nuovo banche disposte a finanziarli.

Ballarò faceva anche l’esempio di un cittadino che sottoscrive un mutuo prima casa a tasso variabile e che assicura contro il rischio di vedere un eccessiva crescita del tasso di interesse sottoscrivendo un derivato con la banca. Anche a questo derivato sarebbe applicata la tassa dello 0,05%. Questo ci sembra un caso piuttosto raro perché è casomai la Banca e non il cittadino che sottoscrive il derivato per assicurarsi contro il rischio che i tassi variabili diventino troppo svantaggiosi.
In ogni caso i dettagli sul modo in cui l’Europa applicherà la tassa sulle transazioni finanziarie non sono ancora noti: si discute di possibili esenzioni per i prodotti legati ai mutui prima casa, ai titoli di Stato. Riteniamo dunque controproducente creare allarmismo su una tassa che è invocata da anni per riportare un po’ di equità nel mondo dell’economia”.