Baku, in Azerbaigian, dovrebbe essere in questi giorni la capitale della lotta globale alla crisi climatica, essendo la città che ospita la nuova edizione della Cop (Conference of the parties), la conferenza ONU sui cambiamenti climatici. Il condizionale è però d’obbligo, dato l’incerto andamento dei negoziati che sembra suggerire, ancora una volta, la riluttanza dell’Occidente in generale a impegnare le proprie risorse per una transizione giusta, e la resistenza esplicita di molti Paesi che basano le loro ricchezze sulle fonti fossili ad abbandonare questo business definitivamente.
Le banche etiche in prima fila contro i combustibili fossili
Eppure le voci della finanza responsabile si sono fatte sentire anche in Azerbaigian, attraverso gli istituti di credito che aderiscono alla Global Alliance for Banking on Values, un network globale di 70 banche che si ispirano ai principi della finanza etica e del quale Banca Etica è componente e co-fondatrice. Durante il “Finance Day” alla Cop29 le banche della GABV hanno annunciato che 25 di loro hanno aderito all’iniziativa del Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili, segnando la prima adesione collettiva all’iniziativa da parte di istituzioni finanziarie. Il Trattato è una proposta per un piano globale vincolante che blocchi l’espansione di nuovi progetti di carbone, petrolio e gas, e per gestire una transizione globale lontano dai combustibili fossili. Con l’adesione alla proposta del Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili, le 25 banche della GABV promotrici dell’iniziativa sollecitano il settore finanziario a intraprendere azioni concrete nella lotta contro i cambiamenti climatici, interrompendo i finanziamenti all’espansione dei combustibili fossili. Insieme, queste banche, gestiscono un patrimonio di 117 miliardi di dollari USA e servono oltre 11,3 milioni di persone in tutto il mondo.
L’Iniziativa per un Trattato di Non Proliferazione dei Combustibili Fossili potrebbe costituire una soluzione efficace per contrastare il riscaldamento globale, “uno strumento utile e raggiungibile per arginare la crisi climatica, anche con l’impegno di quante più banche possibile”, come ha sottolineato il direttore generale di Banca Etica, Nazzareno Gabrielli.
Dalla COP21 troppi ritardi e resistenze alla transizione giusta
L’Accordo di Parigi sul Clima, sottoscritto al termine della Cop21, aveva sottolineato proprio il ruolo determinante della finanza nel raggiungimento degli obiettivi climatici più ambiziosi. La Cop29 è stata definita – non a caso – “la Cop della finanza” perché dovrebbe segnare un momento cruciale affinché i governi dei Paesi ricchi si impegnino a sostenere economicamente la lotta contro la devastazione climatica.
Un compito dal quale non possono esimersi neppure gli attori della finanza privata che, invece, nel corso degli ultimi anni sono stati direttamente coinvolti nello sfruttamento delle fonti di energia fossili e nell’espansione del numero di progetti di esplorazione e attività di sfruttamento degli idrocarburi. Secondo il rapporto “Banking on Climate Chaos 2024”, infatti, le 60 maggiori banche del mondo hanno impegnato 6,9 trilioni di dollari in 8 anni per l’industria dei combustibili fossili, alimentando il caos climatico e causando impatti devastanti sulle comunità locali. Un rapporto di Topo Finance ha scoperto che se le maggiori banche e gestori di asset degli Stati Uniti, se fossero un Paese sarebbero il terzo maggior emettitore di gas serra al mondo, dopo Cina e Stati Uniti.
Per di più, sebbene il numero di banche con impegni di zero emissioni entro il 2050 sia aumentato, un’analisi più approfondita mostra che non sono sulla buona strada per raggiungere i loro obiettivi.
Foto di Lloyd Alozie su Unsplash
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