Il nuovo film documentario Il Pianeta in Mare scritto dal regista Andrea Segre con l’autore veneto Gianfranco Bettin, descrive la realtà di Marghera, pianeta industriale situato nella laguna veneziana, attraverso le storie di chi questo posto lo vive ogni giorno.
“Ah, perchè esiste ancora Marghera?” è questa l’affermazione che più spesso il regista si è sentito ripetere negli ultimi due anni.
Sono passati più di cento anni da quel 1917 in cui vennero fondate le prime strutture sul bordo della laguna antistante Venezia, ponendo le basi del polo chimico-industriale di Porto Marghera – progettato nel ventennio precedente da un gruppo di nobili e imprenditori.
Da allora le storie di migliaia di persone che hanno attraversato questa zona industriale, come molte altre in Italia, sono state collettivamente rimosse. Crediamo che in quegli spazi non ci sia più nulla, più nessuno.
Invece il cuore meccanico della Laguna di Venezia non smette di pulsare: un mondo in bilico tra il suo ingombrante passato e il suo futuro incerto, dove lavorano operai di oltre 60 nazionalità diverse.
Il documentario permette di perdersi e stupirsi nel ventre d’acciaio delle grandi navi in costruzione, tra le ombre dei bastioni abbandonati del Petrolchimico, gli alti forni e le ciminiere delle raffinerie, il nuovo mondo telematico di Vega o l’ultima trattoria rimasta.
Prodotto da ZaLab in associazione con Banca Etica ai sensi delle norme sul tax credit, esce nelle sale cinematrografiche venerdì 27 settembre, proprio nel giorno culmine delle manifestazioni per il clima.
“E’ successo per caso, ma mi fa piacere che il film esca in contemporanea con questa settimana di mobilitazioni e conferenze globali sul clima – racconta il regista. La grande e bellissima onda di attenzione per i temi dell’ambiente che attraversa le nuove generazioni penso possa unirsi ad una nuova attenzione per il rapporto tra le nostre vite e la produzione industriale. Come introdurre processi chimici che non producano inquinamento, ma anzi aiutino il riciclo e la sostenibilità? Come convincere grandi gruppi multinazionali a produrre combustibili non fossili? In una parola come convertire l’industria di ieri in un’industria di domani capace di creare lavoro rispettando la natura e la vita umana? Mi piacerebbe che questa domande e quelle risposte potessero avere spazio anche dentro l’emozione e la forza del movimento globale che venerdì invaderà le città di tutto il mondo.
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