Di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty Italia
Sabato 25 gennaio, quando poco prima delle 20 in un centinaio di città italiane ed estere sono terminate le fiaccolate per continuare a chiedere verità e giustizia, è iniziato il quarto anno senza Giulio Regeni.
Il 25 gennaio del 2016 il nome di Giulio si unì a quelli dei tanti egiziani e delle tante egiziane vittime di sparizione forzata e poi di tortura e di omicidio in Egitto.
Nei tre anni trascorsi da allora, come sappiamo, le autorità egiziane si sono ostinate a non rendere noti i nomi di chi ha ordinato, di chi ha eseguito, di chi ha coperto e ancora copre il sequestro, la tortura e l’omicidio di Giulio. Sono stati 48 mesi di “fuffa”, come l’ha definita sere fa la mamma di Giulio a “Che tempo che fa”: 48 mesi di depistaggi, insabbiamenti, promesse non mantenute, finta cordialità e anche cinque egiziani innocenti assassinati per accreditare la falsa pista della banda criminale che prendeva di mira gli stranieri.
Roma, sede di via Carducci
Contro quella “fuffa” c’è chi si è impegnato al massimo: la procura di Roma, singoli esponenti delle istituzioni (quali il presidente della Camera Fico e quello della neo-costituita commissione parlamentare d’inchiesta, Palazzotto), non pochi organi d’informazione italiani e internazionali, le attiviste e gli attivisti per i diritti umani egiziani oltre naturalmente ai genitori di Giulio e alla loro avvocata Alessandra Ballerini.
Ma a quella “fuffa” quattro diversi governi italiani non hanno voluto opporsi con la necessaria costanza e la doverosa fermezza. L’unico segnale di irritazione, manifestato attraverso un gesto di “inimicizia diplomatica”, ossia il richiamo dell’ambasciatore italiano al Cairo, è durato poco più di un anno, dall’aprile 2016 all’agosto 2017.
Il ripristino delle normali relazioni diplomatiche tra Italia ed Egitto è stato interpretato, purtroppo giustamente, dalle autorità di quest’ultimo paese come una dichiarazione di resa. I rapporti economici e commerciali – appena scalfiti dalla decisione di richiamare l’ambasciatore – sono aumentati, la cooperazione su vari dossier regionali e internazionali è proseguita armoniosamente. La strategia italiana di chiedere, come fosse un mero favore in nome dei buoni rapporti, la verità per Giulio è stata fallimentare.
Occorre altro. I genitori di Giulio Regeni chiedono che venga nuovamente richiamato l’ambasciatore italiano al Cairo ed è una sollecitazione del tutto condivisibile.
In questi quattro anni su centinaia di edifici pubblici, scuole, università, balconi di abitazioni private è stato affisso lo striscione “Verità per Giulio Regeni”. In tempi nei quali cause, campagne e tendenze si bruciano nel giro di una settimana, è straordinariamente bello che quel colore giallo (ormai chiamato “giallo Giulio”) continui a essere così visibile.
Le Filiali di Banca Etica
Certo, non mancano coloro per i quali le campagne hanno un tempo limitato, scaduto il quale dall’esigenza della verità si passa al dovere della memoria. Ma è più semplice ignorarli. C’è una moltitudine di persone che non vuole fermarsi, non cessa di manifestare passione civile e vicinanza alla famiglia di Giulio.
E c’è, ogni settimana, chi a quella moltitudine di persone vuole aggiungersi, nel modo più evidente e palese possibile: come Banca Etica, che ha dedicato la sala riunioni della sua sede principale a Giulio Regeni e ha fornito alle sue filiali gli striscioni della campagna.
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