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Ci vuole buona finanza per il terzo settore

Ci vuole buona finanza per il terzo settore

In collaborazione con Corrado Fontana, giornalista di Valori.it

Di buona finanza c’è sempre bisogno. Tanto più se la buona finanza serve a sostenere il Terzo settore, comparto così vitale per la società e però storicamente frenato dalla bassa capitalizzazione. Anche per questo esistono realtà come Banca Etica e CGM Finance, nate entrambe nel 1998, una a Padova e l’altra a Brescia, che da sempre e spesso collaborano su questo fronte.

Come conferma Francesco Abbà, presidente di CGM Finance, che sottolinea la partecipazione di entrambi gli istituti alla nascita e allo sviluppo di progetti di rilievo come La Polveriera a Reggio Emilia o Cascina Clarabella sul lago d’Iseo, per esempio. «È abbastanza usuale trovarsi con Banca Etica, di cui siamo soci, in questo tipo di operazioni. E intratteniamo diversi tipi di scambi sia per attività di segnalazione che rispetto ad operazioni che le nostre cooperative svolgono con il microcredito». “Braccio finanziario” del gruppo cooperativo CGM, ovvero la compagine di cooperative sociali più folta d’Italia, CGM Finance nacque infatti con la mission di facilitare l’accesso al credito per questi soggetti economici, in un momento in cui il Terzo settore si stava praticamente costituendo. CGM Finance, del resto, è a sua volta un consorzio di Terzo settore, e quindi non ha scopo di lucro e al suo interno vige una governance basata sul principio “una testa un voto”, mentre i margini che eventualmente genera vengono redistribuiti tra i soci oppure per remunerare la raccolta.

D’altra parte parliamo di un volume di risorse e interventi tutt’altro che trascurabile, considerando che conta attualmente oltre 400 soci, più della metà dei quali con una posizione aperta di deposito o di finanziamento richiesto. «In un anno di solito istruiamo una settantina di pratiche di nuovo finanziamento e oltre una trentina di rinegoziazioni – precisa Abbà –. Abbiamo circa 22 milioni di euro di capitale raccolto e una ventina di milioni impiegati, per un flusso annuale di finanziamenti intorno agli 11 milioni di euro. Poiché molti dei nostri finanziamenti – per fortuna – rientrano in tempi brevi, possiamo replicare le operazioni, il cui taglio è mediamente intorno ai 150mila euro, dal momento che non interveniamo sul breve periodo né facciamo cassa o anticipo fatture, ma operazioni tra i 12 e i 60 mesi, a carattere di investimento o per ristrutturazioni societarie e di immobili, investimenti tecnologici…». Tante sono infatti le esigenze di un comparto che include imprese e cooperative sociali, associazioni, fondazioni… la cui importanza è stata riconosciuta recentemente pure dall’Unione europea, che ha concesso a CGM Finance (come pure a Banca Etica) l’accesso al fondo Fei EaSI che aiuta a coprire il rischio dei finanziamenti erogati.

Insomma Banca Etica e CGM Finance continuano a trovarsi unite dalla stessa parte dell’accesso al credito. E se la prima interviene offrendo servizi di cassa che non fornisce la seconda, CGM Finance, ricorda Luca Dubbini (responsabile della filiale di Banca Etica bresciana), «nel panorama odierno della finanza, caratterizzato da una scarsa propensione all’ascolto dei bisogni, rappresenta una possibilità in più di trovare un interlocutore affidabile, con risposte di qualità, all’interno di un circuito virtuoso».

Entrambe sono state chiamate a fare la loro parte nella difficile crisi delle imprese imposta dalla pandemia, ma al presidente Abbà abbiamo chiesto una valutazione su come il Terzo settore ne uscirà: «Non è ancora ben chiaro quale sia l’impatto, essendoci stati provvedimenti finanziari da parte del governo, tra offerta di risorse e moratorie sui pagamenti. I risultati, presumibilmente negativi, li vedremo soprattutto nel secondo semestre del 2021. Non abbiamo tuttavia la sensazione che si determini un crollo verticale. Si tratta di organizzazioni mediamente flessibili, duttili, e capaci di adattarsi alle difficoltà. Le medio-grandi riescono anche a investire e a guardare avanti, le piccole dovranno capire come riorganizzarsi e mettersi insieme. Ad oggi, rispetto alle evidenze che abbiamo noi, non sono perciò così pessimista».