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Regole, trasparenza, strumenti giuridici per la lotta ai crimini economici ed educazione finanziaria per tutti

Regole, trasparenza, strumenti giuridici per la lotta ai crimini economici ed educazione finanziaria per tutti

Le ricette per una finanza sostenibile rilanciate in un incontro con il procuratore aggiunto Francesco Greco promosso da Banca Etica

Milano, 28 marzo 2009_La finanza di carta ha messo in discussione le fondamenta della relazione socio-economica: i fatti dimostrano che essa ha ignorato le regole, ha abusato della fiducia delle persone e della loro ignoranza. Ma l’ignoranza può davvero essere alibi per chi ha puntato sul denaro per fare denaro? La legalità latita in questo paese dall’alto verso il basso e viceversa. Questa tempesta finanziaria e la conseguente crisi economica stanno evidenziando le rotture sociali causate dalla meditata costruzione di un mondo diseguale dove benessere collettivo e sviluppo sostenibile sono vuoti proclami. Ci sono istituzioni che – come Banca Etica fa da 10 anni – praticano la finanza etica. “Buone pratiche” già sviluppate da esperienze mondiali consolidate, i cui risultati sono comprovati e possono diventare obiettivi comuni. Perché invece di appropriarsi dell’etica come marchio non si studia come esserlo davvero? Le nuove regole, che devono necessariamente seguire le misure d’emergenza avviate dai governi, devono nascere da una straordinaria capacità di immaginare l’economia che sarà, che vogliamo che sia, non regolamentare queste pratiche che hanno dimostrato scarsa aderenza alla realtà e ad uno sviluppo sano. Alcune ricette sono state proposte oggi a Milano nel corso dell’incontro pubblico promosso da Banca Etica con il procuratore aggiunto di Milano, esperto di frodi finanziarie, Francesco Greco.

“Oggi si fa un gran parlare di sicurezza dei cittadini e si discute di come contrastare i crimini comuni. Scarsissima è invece l’attenzione per i crimini economici. Eppure il fatto di subire una rapina è un’eventualità che può o non può capitare mentre il prezzo della criminalità economica lo paghiamo già tutti, incluse le generazioni future. L’evasione fiscale costringe i dipendenti a pagare tasse elevatissime, il lavoro nero mette in pericolo la sopravvivenza del sistema pensionistico. Ogni Italiano, prima ancora di venire al mondo deve pagare i costi del disavanzo pubblico alimentato dagli anni ’80 da Tangentopoli. Il solo scandalo Parmalat è costato a tutti noi una perdita stimata in un punto e mezzo di Pil”, ha detto Greco aprendo il suo intervento. “Gli strumenti di finanza derivata, nati per un legittimo fine assicurativo, sono stati abusati fino a diventare mezzi di speculazione fine a se stessi. Le banche hanno smesso da tempo di valutare il merito di credito delle aziende e non hanno fatto altro che spingere le aziende, e ancor peggio gli enti locali e Asl, a sottoscrivere derivati speculativi che hanno provocato gravissimi danni. In Italia – ha detto Greco – più seria della questione morale è la questione giuridica: mancano gli strumenti per contrastare efficacemente la criminalità economica. Le tanto attese nuove regole che dovranno essere fissate da organismi internazionali quali il G8, il G20, l’ONU, l’UE non possono essere un alibi per i Governi nazionali. Ci sono interventi normativi che l’Italia potrebbe varare da subito allineandosi agli standard già adottati in altri Paesi europei. In conclusione – ha detto Greco – credo che l’unica cosa veramente etica sia accettare di tornare a profitti normali, i profitti degli ultimi 20 anni non sono normali, sono profitti drogati che possono provenire solo da attività illecite. E non a caso è fortissimo oggi l’allarme per il riciclaggio dei capitali della criminalità organizzata che in epoca di crisi e di scarsa liquidità sono gli unici in circolazione”.

Ugo Biggeri, presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica ha sottolineato che “Consapevole dei rischi e delle altre crisi globali (clima, alimenti, petrolio, risorse naturali, povertà) la finanza ha cavalcato gli uni e le altre fino all’ultima possibilità di profitto. Ma perché essa viene ritenuta non responsabile per principio delle conseguenze del suo operato? Noi abbiamo dimostrato che si può fare diversamente con la prima banca al mondo che ha messo on-line i suoi finanziamenti facendo scegliere ai risparmiatori stessi gli ambiti di intervento – sociale, ambientale, culturale – guarda caso tutti settori valutati di rischio massimo dalle regole finanziarie internazionali. Etica sgr (la società di gestione del risparmio di Banca Etica, nrd) e l’azionariato critico mostrano che si posso operare delle scelte serie nel campo della sostenibilità anche in finanza, tentando di portare in Italia la prassi di un doveroso meccanismo di democrazia e di controllo da parte degli azionisti i quali, anche in un’ottica di rendimento di lungo periodo dei loro capitali, possono chiedere alle società scelte di responsabilità sociale ed ambientale. A volte ci sembra che a finanziare il no profit o a chieder conto all’ENI dei comportamenti scorretti in Nigeria si faccia qualcosa di strano. Ma a essere sbagliata è quella finanza che ha corrotto anche la tradizionale prudenza dei cittadini dettata dal buon senso che non faceva investire ai nonni tutti i loro risparmi in operazioni che promettevano di rendere di più, come se il rischio fosse sparito grazie a un rating. Dobbiamo chiedere con forza regole nuove, più trasparenza, più legami con l’economia reale, più valore alle reti di relazioni, più tassazione delle manovre speculative, e di alcune rendite finanziare, più incentivi a forme serie di finanza responsabile. Non lo dice solo la finanza etica, ci sono anche alcuni premi nobel e importanti economisti che lo affermano da tempo: Sen, Yunus, Kahneman, Akerloff, Shiller, Stiglitz”.

Il direttore generale di Banca Etica, Mario Crosta, ha indicato alcuni interventi immediati che potrebbero riportare la finanza sul giusto binario: “Il segreto bancario e i paradisi fiscali vanno eliminati. Visto che vanno tanto di moda i decreti, con un semplice decreto si potrebbero eliminare i rapporti al portatore già da lunedì, dando così un forte segnale nella direzione della trasparenza. E a proposito di regole di cui si fa un gran parlare, la questione di fondo è quale sia il loro obiettivo. Ricordiamoci che quasi tutti gli istituti falliti – e colpevoli del loro fallimento – erano in regola con le regole”. Tra gli antidoti alla crisi Crosta ha individuato anche l’educazione finanziaria dei cittadini. “La crisi in corso si è sviluppata in un contesto in cui da un lato gli operatori del settore finanziario si sono mossi abusando delle asimmetrie informative che giocano a loro favore e che li collocano in una posizione dominante tanto nei riguardi del cittadino risparmiatore quanto rispetto agli operatori economici (aziende, tesorerie degli EE.LL). Dall’altro lato i fruitori dei servizi finanziari per una serie di motivi – competenze che non sempre possono essere specifiche, ricerca illusoria di facili guadagni, un po’ di pigrizia – troppo spesso abdicano ad un sano esercizio di azione critica che consentirebbe un uso responsabile dei propri risparmi. Anche il profilo normativo – e quello sanzionatorio che ne deve essere l’immediata conseguenza – non sempre aiuta a fare chiarezza. E’ mancato e continua a mancare un corretto e adeguato flusso informativo che renda trasparente l’agire degli operatori dei mercati finanziari e che permetta a risparmiatori ed investitori di fare scelte pienamente consapevoli. Emerge allora l’urgente necessità di percorsi di educazione finanziaria che accrescano la consapevolezza di chi (sostanzialmente tutti) approccia banche ed operatori finanziari e che orientino l’azione di questi verso criteri di sempre maggiore trasparenza che sia sostanziale, non meramente formale. Il legislatore dovrebbe innescare meccanismi premiali verso chi ha sempre avuto comportamenti trasparenti. Agli operatori incorsi in condanne si potrebbe chiedere, quale misura da comprendere nel risarcimento del danno, il conferimento di risorse economiche in un fondo da far gestire da soggetti sopra le parti che sia utilizzato proprio per campagne di informazione, per corsi di educazione finanziaria centrati all’uso responsabile del risparmio. Corsi che prevedano un’ampia platea di fruitori, a partire dai giovani, dalle scuole. Coltivare questo bisogno, significa far crescere una classe di cittadini consapevoli ed esigenti. Significherebbe fare un salto verso quella cultura del rispetto delle regole di cui tanto c’è bisogno. Questa crisi sarà anche la più grave dell’ultimo secolo ma non è la prima e forse, purtroppo, non sarà l’ultima perché si dimentica in fretta, le generazioni cambiano, i vizi no, e se non prepariamo il terreno perché non ci siano più i presupposti per una simile tempesta renderemmo un vero disservizio ai posteri. Il tanto dimenticato quanto ultimamente evocato Keynes diceva – nel lontano 1933 – che “bisognerebbe costruire possibilità economiche per i nostri nipoti perché il capitalismo decadente non è un successo. Non è intelligente, non è bello, non è virtuoso e non fornisce nessun bene”.

Tra le misure di contrasto alla crisi indicate nel corso dell’incontro forte è stato il richiamo alla lotta ai paradisi fiscali che – secondo stime recenti – occultano nel loro insieme una ricchezza pari a 11.500 miliardi di dollari. Per la sola Italia si stima in oltre 300 miliardi di dollari il valore dei patrimoni nascosti all’estero. Il ministero del Tesoro Usa ha valutato in 100milardi annui le mancate entrate: una cifra da sola sufficiente a introdurre l’accesso alla sanità pubblica per tutti negli Usa oppure a centrare in un solo anno i principali Obiettivi del Millennio fissati dalle Nazioni Unite, quali l’accesso all’istruzione o la drastica riduzione della mortalità infantile nel mondo. Secondo dati della Campagna Per la Riforma della Banca Mondiale per ogni dollaro che va da Nord verso Sud in cooperazione allo sviluppo, 10 dollari vanno nella direzione opposta a
causa dei flussi illeciti che sfruttano i paradisi fiscali.