a cura di Aldo Soldi, Presidente di Banca Etica
La trentesima Conferenza delle Parti (COP30) sul clima a Belém, in Brasile, si è purtroppo conclusa come molti temevano: con un nulla di fatto.
Non sono stati raggiunti impegni concreti per la riduzione delle emissioni, né per arginare la deforestazione. Soprattutto, è mancato un percorso vincolante per mobilitare le risorse economiche necessarie ad affrontare gli effetti più catastrofici della crisi climatica.
La suggestiva cornice dell’Amazzonia non è bastata a scalfire l’ottuso sistema di priorità che governa la nostra epoca. Il multilateralismo arranca, schiacciato da nuovi e vecchi nazionalismi, e il bene comune del Pianeta appare sacrificato alla supremazia di un pensiero economico capitalista e neoliberista obsoleto.
L’esito deludente della COP30 – unito al galoppante disimpegno dell’Unione europea dal ruolo di leadership sulle politiche verdi – conferma che le grandi istituzioni non sono pronte né capaci di concepire modelli di crescita sostenibile.
Il capitalismo estrattivo e inquinante dimostra di non sapersi ripensare. Nonostante l’evidenza scientifica ed economica dimostri che un mondo afflitto da fenomeni climatici estremi mette a repentaglio la stabilità e la crescita economica stessa, si continua a inseguire un profitto miope e a breve termine.
Il ritorno alle origini della finanza etica che oggi diventa strumento di resistenza
Ma dietro ai governi, alle multinazionali dell’energia fossile e della finanza globalizzata, ci sono i miliardi di persone che abitano il Pianeta e che, nei paesi democratici, scelgono i loro rappresentanti, decidono cosa consumare e, cruciale, come investire il proprio denaro.
Di fronte all’inerzia istituzionale, la finanza etica vive una sorta di ritorno alle origini. Il nostro movimento è nato nel secolo scorso – quando di sostenibilità non parlava ancora quasi nessuno e non c’erano normative o summit dedicati – proprio dalla consapevolezza di persone e organizzazioni che non si arrendevano, dimostrando che era possibile conciliare parametri economici solidi con la cura dell’ambiente e dei diritti delle persone.
Oggi, i modelli economici e gestionali della finanza etica sono consolidati ed efficienti. Sono la prova tangibile che un’alternativa è già in atto. In questa fase di regressione istituzionale la finanza etica è uno degli strumenti di resistenza a disposizione delle persone e delle organizzazioni che non vogliono arrendersi all’apparente inevitabilità del primato del profitto a breve termine sulla lungimiranza del bene comune e delle prossime generazioni.
Trasformare la delusione in azione
La differenza la faranno, ancora una volta, le persone.
Non dobbiamo aspettare che siano le istituzioni a cambiare. Siamo noi che dobbiamo guidare il cambiamento.
Ognuno di noi ha il potere di orientare le proprie scelte di voto, di consumo e, soprattutto, di risparmio:
- Disinvestire da chi alimenta la crisi.
- Finanziare un futuro di sostenibilità.
In Banca Etica, ogni giorno lavoriamo per rendere questo potere accessibile e concreto. È tempo di unire le forze e dimostrare che la cittadinanza attiva e la finanza etica sono fra gli strumenti più efficaci per superare il fallimento di Belém e costruire un’economia che rispetti la vita.
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Foto di Marcelo de Souza Romão su Unsplash
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