C’è un’impresa che coinvolge tutte e tutti: è la corsa per raccogliere le firme necessarie per la legge di iniziativa popolare che punta a modificare il Codice Civile per introdurre la categoria dei Beni Comuni e il tema dei diritti delle generazioni future.
Di che si tratta
L’Italia accoglie dentro i suoi confini uno dei patrimoni naturali e artistici più ricchi al mondo. A partire dagli anni ’90, però, i Governi che hanno guidato il nostro paese hanno venduto ai privati una quota di patrimonio che equivale a 900 miliardi di euro: boschi, colline, interi borghi e palazzi storici, riserve idriche, infrastrutture e collezioni artistiche. Scelte che hanno contribuito alla cultura della privatizzazione e a una visione distorta sulla gestione del patrimonio rimasto pubblico, spesso del tutto abbandonato a se stesso, ovvero amministrato non nell’interesse di chi in futuro dovrà farne uso, ma nell’interesse finanziario di chi lo gestisce, spesso senza alcun controllo.
Stefano Rodotà fu incaricato nel 2007 di presiedere una Commissione, a cui partecipavano eminenti giuristi, con il compito di redigere uno schema di disegno di legge per la riforma delle norme del Codice Civile in materia di beni pubblici. Fu un lavoro decisivo, che permise di identificare le nuove tipologie di beni da inserire nel testo del Codice Civile, come i beni immateriali, i nuovi beni pubblici come “le reti”, la necessità di rafforzare molto la tutela delle risorse naturali, l’inclusione dei beni finanziari, e soprattutto delle infrastrutture come beni che richiedono investimenti pubblici per un uso sostenibile da parte della società. Da allora “Beni Comuni” è una definizione affermata che intercetta un complesso dibattito internazionale sui Common Goods o Public Goods.
Le intuizioni della Commissione, interrotta nel 2008 dalla caduta del governo Prodi, possono ora trovare un nuovo spazio di elaborazione nel progetto – lanciato dopo la morte di Rodotà – di una legge di iniziativa popolare a cura del “Comitato Popolare di Difesa dei Beni Comuni, Sociali e Sovrani Stefano Rodotà”.
E qui veniamo in campo noi, cittadine e cittadini che siamo da sempre sensibili al tema e desiderosi che questa legge di iniziativa popolare raccolga entro la fine di luglio tutte le firme che servono! Sì, entro la fine di luglio! Questa è la corsa contro il tempo, di cui è stato dato annuncio anche nel corso dell’Assemblea di Banca Etica il 18 maggio, a Bologna.
Servono 50.000 firme per portare una legge di iniziativa popolare (LIP) in Parlamento. Raccolte di firme sono attive in tutti i Comuni e i cittadini possono recarsi a firmare in orario di apertura. Tutti noi possiamo organizzare eventi per la raccolta delle firme.
Sul sito generazionifuture.org trovate tutti i dettagli su come e dove firmare e l’illustrazione del testo – che chiede la modifica del Capo II del Titolo I e III del Codice Civile e la revisione dell’articolo 810 per inserire la categoria dei beni materiali e immateriali e introdurre la distinzione tra
- beni comuni;
- beni pubblici;
- beni privati
Le forme richieste sono due: una serve per la legge di iniziativa popolare; l’altra serve a sottoscrivere con la quota minima di 1 euro per costituire una Società di Mutuo Soccorso per la Difesa dei Beni Comuni che porta appunto il nome di «Generazioni Future». Questa Società di Mutuo Soccorso serve a finanziare campagne locali a difesa dei beni comuni e a tenere insieme le relazioni create con la raccolta firme per la legge di iniziativa popolare; serve a sperimentare una piattaforma decisionale dal basso su tecnologia blockchain.
Il Comitato si appoggia a Banca Etica per la raccolta del milione di Euro che si intende raggiungere agli scopi sopra citati.
Attiviamoci. Noi, che già attive siamo, restiamo a vostra disposizione!
Grazie.
Nicoletta Dentico e Katya Mastantuono
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