Pubblichiamo l’articolo della presidente del Comitato Etico di Banca Etica, Martina Pignatti Morano (presidente del Comitato etico di Banca Etica e direttrice della ONG Un Ponte Per), apparso su Altreconomia il 24 settembre
Ho iniziato a scrivere questo articolo il 22 settembre, da una missione in Siria per la mia ONG, ma alle mail che ho inviato ai dirigenti e personale di Banca Etica in Italia rispondeva un messaggio automatico: “oggi manifestiamo per il cessato il fuoco a Gaza, ci vediamo in piazza!”. Questa è la mia banca, che tra l’altro destinerà i salari giornalieri delle lavoratrici/ori che hanno aderito allo sciopero generale a progetti di emergenza umanitaria per Gaza. Come Presidente del Comitato Etico osservo ogni giorno Banca Etica nel suo difficile ma riuscito esercizio della finanza di pace in un mercato assetato di sangue, che non esita a trarre profitto persino dal genocidio in corso in Palestina, come ha documentato nel suo ultimo rapporto la Relatrice Speciale dell’ONU sui diritti umani nei territori palestinesi occupati, Francesca Albanese. Per questo la dott.ssa Albanese è stata inserita nella lista delle sanzioni americane dell’OFAC, alla pari di narcotrafficanti e di chiunque gli USA designino come terrorista.
Molti di voi sanno che Francesca Albanese ha contattato Banca Etica per tentare di aprire un conto corrente bancario. Voleva comprendere assieme a noi se lo potessimo fare nonostante le sanzioni americane, tramite un controllo dell’antiriciclaggio che appurasse l’autentica natura delle sue attività, improntate all’assoluta correttezza legale e pratica nonviolenta, suggellata dal rinnovo recente del suo incarico da parte delle Nazioni Unite. Un gruppo di 10 persone ai massimi livelli della banca ha lavorato a questa pratica con grande passione personale oltre che rigore professionale per due settimane: funzione antiriciclaggio, ufficio legale, colleghi del back office e staff di direzione. Purtroppo hanno confermato quello che ciascuno di voi può chiedere all’intelligenza artificiale online, se volete approfondire: le banche che offrono servizi a individui o entità presenti nelle liste OFAC sono passibili di sanzioni civili (multe di milioni di dollari, confisca di fondi e asset delle persone sanzionate, etc.) e penali, restrizioni operative su tutta l’operatività in dollari di tutti i clienti, controlli più rigidi e audit da parte delle autorità, implementazione di programmi di compliance più severi che ne possono bloccare interamente l’operatività anche per lunghi periodi di tempo.
Diverse banche europee hanno subito multe o sanzioni per aver intrattenuto rapporti con soggetti segnalati nelle liste OFAC: Swedbank Latvia in Svezia, BNP Paribas in Francia, Deutsche Bank in Germania, EFG International in Svizzera e Unicredit per dirne alcune, con multe che sono arrivate a 8,9 miliardi di dollari per transazioni con Sudan, Cuba, Iran. Banca Etica, a dir la verità, era disponibile ad accettare il rischio di pagare multe salate pur di rimediare alla discriminazione del sistema bancario verso Francesca Albanese, ma si è fermata davanti al rischio di vedersi bloccata l’operatività in dollari per tutti i propri clienti, tra cui le ONG che devono poter operare in valuta per l’invio di fondi in tantissime zone di conflitto, dall’Afghanistan all’Iraq. Ad esempio, Commerzbank in Germania nel 2015, dopo aver pagato 1,45 miliardi di dollari di multe per transazioni con Sudan e Iran, ha subito pesanti limitazioni sui conti in dollari e un monitoraggio esterno continuo che ha reso estremamente complesso effettuare trasferimenti verso stati fragili.
A volte Banca Etica riesce, con controlli attenti tramite ONG fidate, istituzioni nazionali e internazionali, ad appurare che alcuni propri clienti inseriti ad esempio nelle liste internazionali delle persone sanzionate dalla Turchia per terrorismo, sono in realtà vittime di discriminazione politica. Io stessa per conto del Comitato Etico ho contribuito a raccogliere informazioni su casi di questo tipo e ho partecipato a CdA in cui questi clienti sono stati accettati dopo un intenso lavoro delle Funzioni di Controllo, sulle quali comunque né il direttore né il CdA possono esercitare alcuna pressione, come richiesto dalle Disposizioni di vigilanza per le banche (Circolare n. 285 del 17 dicembre 2013) con riferimento ai requisiti di indipendenza delle Funzioni stesse. Va detto infine che Banca Etica si avvale di banche corrispondenti per le operazioni internazionali, che a sua volta passano da altre banche corrispondenti (inclusa Intesa San Paolo, per fare un esempio) che, avendo filiali in tutto il mondo, devono attenersi alle regole di conformità della normativa internazionale e non solo europea. Pertanto, in modo molto semplice potrebbero decidere di declinare l’esecuzione di un’operazione in quanto non conforme alle loro policy interne o includerci nelle liste interne di clienti non desiderati, precludendoci anche operazioni in euro.
Allora cosa possiamo fare per resistere alla profonda ingiustizia delle sanzioni USA – che diventano vincolanti anche in Italia tramite attraverso i gangli del sistema finanziario globale – verso una persona di altissimo profilo umano e una testimone di giustizia come Francesca Albanese, nonché verso i membri della Corte Penale Internazionale? Banca Etica ha intensificato il dialogo con attivisti palestinesi e internazionali che promuovono la campagna di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni su Israele per chiedere il rispetto delle Risoluzioni ONU e la fine dell’Apartheid. Continuiamo l’azione di sostegno a diverse organizzazioni palestinesi per il microcredito e alle ONG che sostengono la popolazione di Gaza nella sopravvivenza quotidiana al genocidio, dialoghiamo con le aziende socie per chiedere anche a loro di interrompere la complicità con il sistema di colonizzazione e sfruttamento dei territori palestinesi, abbiamo escluso dai fondi etici le imprese segnalate sia da database dell’ONU che di società civile perché traggono profitto dall’occupazione. Ma soprattutto la Banca fa advocacy con parlamentari italiani e europei affinché risolvano la questione alla radice, chiedendo che:
- il Parlamento italiano si faccia promotore presso il Governo, insieme agli altri governi e istituzioni europee, della richiesta di immediata esclusione della dott.ssa Francesca Albanese dalle liste sanzionatorie statunitensi;
- venga definita a livello europeo un’azione strutturale che garantisca agli operatori finanziari europei la possibilità di operare liberi da vincoli arbitrari decisi da governi extraeuropei.
Restiamo umani ma soprattutto restiamo uniti, la resistenza al genocidio è una causa più grande di noi, che richiede un onesto e profondo esercizio di ricerca della verità e costruzione collettiva di una pace giusta.
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