Messe di dati a parte, la ricchezza dell’indagine Il Terzo Settore in Italia dopo la pandemia, presentata oggi da Banca Etica alla Camera dei dei Deputati, è innanzitutto la doverosa valorizzazione di una forza socio-economica vitale di questo Paese.
Il non profit, durante la lunga crisi pandemica che – purtroppo – ancora non si è chiusa, ha infatti continuato a creare lavoro e organizzare le risorse del volontariato; ha erogato servizi essenziali, sviluppando reti e relazioni chiave tra società e pubblica amministrazione. E, pur avendo sofferto – si pensi alla galassia dei servizi alla persona durante i lockdown – ha saputo trasformarsi e reggere il colpo.
Nonostante oltre un terzo dei dipendenti delle grandi organizzazioni non profit siano stati interessati dalla cassa integrazione e gli enti abbiano avuto mediamente un 20% di perdite di bilancio nel 2020 e di iscritti, il rapporto (qui il link alla versione integrale e alla sintesi e al comunicato stampa) racconta di un Terzo Settore che ha resistito agli stravolgimenti recenti meglio rispetto al settore profit.
Di più. La ricerca di Banca Etica – condotta in sinergia con Forum permanente del Terzo Settore, Associazione delle ONG italiane, Federsolidarietà, Legacoop Sociali, Tavolo dei soci di riferimento di Banca Etica, Fondazione con il Sud, Aiccon, Isnet, Euricse, Terzjus e altri – fotografa sì il Terzo Settore italiano alla fine del 2021 tramite una ricognizione organica dei dati ufficiali dell’Istat, di Banca d’Italia e di altri enti di ricerca, ma con le interviste ai protagonisti del comparto, spinge il non profit a guardarsi dento. Molti dirigenti mettono così in luce capacità di innovazione e una sostanziale fiducia nel futuro, prospettando uno sforzo di evoluzione strategica e operativa.
A proseguire su questo cammino, del resto, sono circa 360mila organizzazioni con oltre 860 mila dipendenti e 5 milioni di volontari, capaci prima, durante e dopo la pandemia di costituire un pilastro essenziale del welfare e della coesione sociale in Italia, della cittadinanza democratica e della partecipazione. Nonché del lavoro. Tra il 2011 e il 2019, periodo in cui l’occupazione nel Terzo Settore è aumentata dieci volte di più che negli altri comparti, il 27,6% della crescita occupazionale in Italia è stata generata dal non profit, che impiega soprattutto giovani e donne (il 72% della forza lavoro).
Cosa manca per crescere ulteriormente? Non le idee né l’energia, semmai un po’ di equità nell’accesso alle risorse pubbliche e al credito. Guardando gli ultimi dati Istat disponibili sui bilanci delle organizzazioni del Terzo Settore (2015), appare in primis una sperequazione tra distribuzione delle organizzazioni e volumi delle entrate nelle diverse aree del Paese: le regioni del Nord-Ovest ospitano il 27% delle organizzazioni, le quali beneficiano del 35% delle entrate complessive, al Centro queste percentuali diventano 22% e 33,6%, al Sud si passa al 17% di enti che gode appena del 7% delle entrate.
Inoltre i dati di Banca d’Italia dicono che a fine 2019 gli enti di Terzo Settore affidati (cioè che avevano ricevuto un credito da una banca) erano solo 17.452, poco più del 2% delle 862 mila istituzioni non profit censite in quell’anno dall’Istat. A fine 2021 il numero di istituzioni affidate è salito di poco, fino a 18.384 unità. Un numero assoluto limitato di soggetti affidati, che si traduce pure in un confronto di percentuali svantaggioso rispetto ai soggetti profit. Questi ultimi nell’ultimo quinquennio hanno visto una crescita degli impieghi dell’8,5%, quando verso il Terzo Settore si registrava un calo del 5,7%. Tra settembre 2020 e 2021 la tendenza é lievemente mutata, benché la crescita del credito utilizzato dal non profit (+6,1%) non eguagli comunque il dato (+10%) delle imprese profit. Siamo così di fronte a una specie di anomalia, se si pensa che il settore non profit mostra tassi minori di deterioramento del credito (cioè difficoltà nel pagamento delle rate dei prestiti ricevuti) rispetto alle imprese profit.
Ed è in questo quadro che acquisisce perciò grande valore il legame tra Banca Etica e il Terzo Settore, iniziato con la stessa nascita della banca, costituitasi 23 anni fa proprio dall’impegno delle reti del non profit che volevano un istituto di credito attento alle loro esigenze e coerente con i loro valori. Un desiderio che pare essere stato esaudito, se oggi le realtà del Terzo Settore rappresentano un terzo dei clienti cui Banca Etica fa credito.
In particolare, poi, nel periodo 2017-2021:
- gli impieghi di Banca Etica verso le organizzazioni non profit sono cresciuti del 19,8%;
- gli impieghi del sistema bancario in generale verso questo settore si sono ridotti del 4,8%;
- la quota di mercato nazionale di Banca Etica per questi crediti è passata dal 3,8% al 4,8%.
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