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Giorgio Vacchiano – candidato al Comitato Etico

Giorgio Vacchiano – candidato al Comitato Etico

All’Assemblea dei Soci del 20 maggio saremo chiamati ad eleggere il nuovo Comitato Etico, organo sociale pensato per dare un contributo su temi centrali per la Banca, le sfide e i valori, aiutandola a riflettere sul futuro.

Ogni persona candidata ha risposto ad alcune domande per presentarsi e condividere le loro idee sul progetto di Banca Etica. Il 26 aprile potrai interagire con loro in diretta streaming: iscriviti subito!

Giorgio Vacchiano

Raccontaci qualcosa di te che ritieni importante in prospettiva della tua candidatura

La mia competenza e la mia passione nascono dalle foreste: studiandole mi sono accorto di quanto abbiamo bisogno di conoscerle meglio, di saper vedere quando il nostro benessere dipenda dal loro, di quanto migliore può essere il nostro rapporto con questo ecosistema che ricopre un terzo delle terre emerse. Ma studiare  le foreste e la loro gestione sostenibile ha significato dover diventare un esperto di clima, perché gli alberi sono da un lato il nostro alleato migliore contro la crisi climatica, dall’altro i primi a cadere sotto i suoi impatti, ormai anche nel territorio nazionale. E infine, una volta intravisti i legami invisibili tra umanità e foreste, non si può fare a meno di volerli raccontare. Siamo tutti appassionati di storie: una delle mie soddisfazioni più grandi è raccontare storie di foreste a chi pensa che siano un elemento distante dalla vita di tutti giorni, per far scoprire invece la bellezza di essere tutti e tutte coinvolti nella rete degli ecosistemi. Questa bellezza, e percepire  la concreta possibilità di costruire un futuro migliore, sono gli unici motori possibili di un’azione climatica davvero efficace, a livello individuale e collettivo.

Cosa ti motiva ad essere candidato nel Comitato Etico di Banca Etica?

Il settore finanziario e bancario deve assumere un ruolo di primo piano al servizio di una transizione ecologica rapida, inclusiva, giusta. L’economia di cui l’umanità ha bisogno deve saper remunerare chi conserva e migliora il capitale naturale, dare valore ai servizi immateriali degli ecosistemi, disincentivare l’utilizzo di energie e materiali climalteranti e sostenere la gestione partecipata dei beni comuni. Un cambiamento così profondo richiede il coinvolgimento di capitali privati a fianco di quelli pubblici, nel rispetto della necessità di una loro remunerazione per l’investitore, che non sia in contrasto con la generazione di valore ambientale e sociale a vantaggio della comunità. In questo senso, penso che Banca Etica possa essere una apripista e un modello da imitare nel promuovere e monitorare l’etica e la sostenibilità nella gestione delle risorse finanziarie e nel contribuire alla creazione di un sistema finanziario più sostenibile e giusto. Poter prestare competenze e creatività alla corsa verso questi obiettivi è per me una grande occasione di incidere profondamente nei meccanismi che contano per costruire il mondo che, insieme a tanti altri esseri umani, vorrei veder nascere domani.

In un periodo di grandi sfide esterne di tipo sociale, culturale, ambientale, a partire dalla tua esperienza, quale contributo pensi di poter dare e pensi che il Comitato Etico possa apportare accompagnare l’evoluzione di una banca che è nata per mettere il denaro al servizio delle persone e del pianeta? 

Tutto è climatico. Il Comitato Etico svolge un ruolo cruciale nella definizione e attuazione di politiche e pratiche etiche e sostenibili, sia  all’interno di Banca Etica che nei confronti di tutte le attività esterne che la Banca intende promuovere (investimenti, partnership, formazione culturale e sociale) . La mia competenza scientifica in campo ambientale può contribuire a questo obiettivo, individuando insieme agli altri membri del comitato i segnali precoci della transizione, le innovazioni più promettenti da sostenere, i luoghi dove sostenere forze e idee, specialmente se più nascosti o ignorati dall’economia mainstream. La transizione nasconde anche alcune insidie che ritengo di poter contribuire a scongiurare: l’aumento delle diseguaglianze, con un adattamento climatico appannaggio di poche persone  o delle classi sociali più agiate; il pensiero “magico” che rischia di investire risorse e speranze irrealistiche in una singola soluzione apparentemente facile e attraente (l’energia nucleare, l’impianto di nuovi alberi, la geoingegneria); la mancata conciliazione delle dimensioni di lavoro, salute e ambiente, che sono inseparabili e non devono richiedere di sostenerne una a scapito di un’altra.

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