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Cartiere Pirinoli, ora sono gli operai a far volare la fabbrica

In collaborazione con Corrado Fontana, gionalista di Valori.it

«È stato uno dei workers buyout (o WBO) più grossi d’Italia, oggetto di numerose tesi di laurea, e abbiamo anche sperimentato che la solidarietà in cooperativa non è una parola vuota, ma esiste concretamente. E pensare che quando siamo partiti non conoscevamo nemmeno il significato di workers buyout… ma l’idea ce l’avevamo già in testa, solo non sapevamo che si chiamasse così. E per il momento mi sento di dire che si è trattato di un modello che funziona». Nelle parole di Ferdinando Tavella, un tempo dirigente dipendente dalla vecchia proprietà della ex Pkarton, oggi socio lavoratore e vicepresidente della nuova Cartiera Pirinoli di Cuneo, traspare un carico di soddisfazione umana e professionale.

Perché quella stessa azienda, che quattro anni fa veniva da tre di presidio 24h e di stop della produzione – anche se gli impianti non sono mai stati spenti, grazie all’intelligenza e alla tenacia di chi li ha sempre fatti funzionare –, nel 2019 mostra di tenere perfettamente il mercato. E produce 90mila tonnellate l’anno di cartoncino per imballaggi con carta riciclata, in arrivo dalla raccolta differenziata di tutta Europa. Un risultato raggiunto a seguito di una progressione: «Il primo agosto 2015 è ripartita l’attività con circa 70 soci lavoratori, contro i 152 dipendenti di quando si fermò l’impresa nel 2012. C’è stato un periodo in cui, come era naturale che fosse, si andava avanti a singhiozzo, perché abbiamo dovuto riconquistare le quote di mercato. Ma dall’8 novembre del 2015 non ci siamo più fermati. Abbiamo comunque chiuso quell’anno con 6milioni di euro di fatturato, diventati 13 nel 2016 e circa 35 l’anno dopo, con un discreto utile. Nel 2018 abbiamo chiuso con circa 37 milioni di euro di fatturato, è un utile che io sinceramente non ho mai visto in circa 19 anni di lavoro in questa impresa», prosegue Tavella.

A dimostrazione che il modello della fabbrica recuperata dai lavoratori funziona, anche se ha bisogno di una forte rete territoriale per rilanciarsi. Una rete che Banca Etica ha contribuito fortemente a creare. Offrendo la disponibilità finanziaria e partecipando alla costruzione del progetto fin dal principio, con con Legacoop e Cooperfidi, con il sindacato, l’Inps e la Regione Piemonte, con un’ulteriore controparte bancaria (Unipol) e, soprattutto, con la disponibilità e il coraggio di operai, funzionari e dirigenti dell’azienda in crisi, che, per formare la cooperativa, riavviare la produzione e ricomprarsi i macchinari hanno inizialmente investito tutta la loro indennità di mobilità in anticipo (la cosiddetta NASpI), oltre a qualche risparmio. E oggi, che sono 89 lavoratori, di cui 76 soci nella cooperativa,  sono sempre più padroni del loro destino, tornati in possesso – proprio grazie ad un mutuo ipotecario stipulato con Banca Etica – di quasi 140mila metri quadri di terreni e fabbricati. «Il lavoro più grosso – ricorda Adriano Mione, che allora seguì la vicenda per la banca – è stato sicuramente quello di costruire la rete impostare la pratica. È stata un’opera di tessitura innanzitutto. Quella della Cartiera Pirinoli è una esperienza che non vale la pena tanto ricordare ma sicuramente replicare. Pensando di utilizzare il workers buyout come strumento ideale per sfruttare la legge Marcora nelle situazioni in cui ci sono aziende che già manifestano le difficoltà di un ricambio generazionale».

E se non bastassero fatturato e utili a dare il senso di un’impresa in salute, ecco la visione a lungo termine messa in campo dai nuovi amministratori. A dicembre 2018 Cartiera Pirinoli ha infatti concluso un investimento da ben 7milioni di euro in una delle sue infrastrutture tecnologiche fondamentali. Ha infatti realizzato una nuova centrale di cogenerazione, con caldaia, compressore e turbina nuovi e di nuova generazione. Un’infrastruttura essenziale per una impresa dal ciclo produttivo decisamente energivoro, che sfrutta vapore ed energia elettrica in grande quantità e che prima venivano prodotti da un impianto degli anni 90, la cui turbina ha ceduto proprio poco prima dell’avvio della nuova centrale – talvolta ci vuole anche un po’ di fortuna… –. Oggi, grazie a questo investimento, la cartiera gode di un risparmio energetico annuo di circa 1 milione di euro, avendo inoltre diritto ai certificati bianchi, ovvero dei titoli energetici che permettono un ritorno dell’investimento molto veloce.

«Consideri che la nostra centrale sviluppa circa 7mila certificati bianchi, che l’anno scorso erano arrivati a valere circa 400 euro l’uno, il che significava 2,8 milioni di euro l’anno. Inoltre si tratta di un impianto di nuova generazione, completamente monitorato, ottenuto con un finanziamento della Regione Piemonte quasi a tasso zero per chi riduce le emissioni di CO2. A gennaio 2019 abbiamo già fatturato 148mila euro di energia elettrica che vendiamo. Insomma, gli ostacoli iniziali più grossi li abbiamo superati, perché se la nuova azienda non fosse riuscita a superare i 2 anni di vita avremmo rischiato di dover restituire la mobilità… E così adesso siamo decisamente soddisfatti dei risultati raggiunti», conclude il vicepresidente della cartiera. E come dargli torto?!