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“Insieme” per il cambiamento: trasformare rifiuti in risorse e vite in opportunità

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Insieme per il cambiamento: Trasformare rifiuti in risorse e vite in opportunità

«Ci siamo costituiti come cooperativa nel 1980, ma le prime vere assemblee c’erano già state alla fine degli anni Settanta». Per Marina Fornasier è indispensabile legare la storia di Insieme al contesto in cui è nata. «Devi considerare cosa fossero Vicenza e il vicentino in quella fase: una città del ricco Nord Est, all’indomani del boom economico. La ricchezza si percepiva, esplodeva il consumismo. Il problema – continua Marina – è che consumismo è uguale a rifiuti: ovunque aumentava la produzione, si compravano cose, oggetti, e poi venivano buttati via».

Con la ricchezza arrivano, fisiologicamente, le diseguaglianze e cresce il divario sociale. A questo si affianca la diffusione dell’eroina. «In quella fase era devastante». È a partire da questo contesto che un gruppo di amici ha cominciato a ragionare su come intervenire per prendersi cura della propria comunità. «L’intenzione era creare opportunità lavorative per persone che avessero problemi, ma allo stesso tempo lavorare sul versante ambientale perché, già 45 anni fa, avevamo intuito quale sarebbe stata la direzione». L’idea è molto semplice: creare una cooperativa sociale di tipo B, finalizzata quindi all’inserimento lavorativo, e dedicarne il lavoro al recupero di quanto buttato via dalle persone. «Valorizzare le cose attraverso le persone, e le persone attraverso le cose. Riparare oggetti e riparare vite». Il gruppo da cui nasce l’idea era composito: c’erano laici ma c’era anche Don Roberto Reghellin, prete operaio, c’era il mondo dell’obiezione di coscienza, c’era la cittadinanza. Tutti insieme, come il nome della cooperativa. 

Insieme è un esperimento pioneristico: già a partire dagli anni Ottanta si occupa materialmente di economia circolare e di valorizzazione degli scarti. Prima dell’arrivo delle direttive sulla gerarchia dei rifiuti, delle leggi che le recepiscono, delle sperimentazioni industriali. La cooperativa nasce con la mission della preparazione al riutilizzo dei rifiuti. Primi in Italia ad avere l’idea, ancora unici a realizzarla ogni giorno. «Il resto d’Italia – spiega Marina – si ferma un gradino prima, alla prevenzione della produzione di rifiuti, o al massimo al riuso. Oppure va direttamente al gradino successivo: quello del riciclaggio». Insieme sta nel mezzo, dedica le sue attività a trasformare i rifiuti in beni. Si tratta di un filone molto sviluppato nel resto d’Europa. In Italia possiamo incontrare laboratori di riparazione delle diverse categorie merceologiche come ciclofficine, laboratori sartoriali, centri per il ricondizionamento di rifiuti elettronici, ma in linea di massima sono gestiti dal no profit o da piccole realtà imprenditoriali. Insieme ha reso scalare questo processo, costruendo una solida struttura economica che sta rivoluzionando il ciclo dei rifiuti nel vicentino.

Con mille difficoltà, vista l’assenza di normative specifiche nel nostro Paese. «Già nel 2000 abbiamo ottenuto la nostra prima autorizzazione a fare preparazione per il riutilizzo – spiega Marina – ma da noi è molto più difficile che nel resto d’Europa. Le normative sui rifiuti qui sono diverse, in parte perché sono sempre un tema scottante, in parte perché c’è una rete di associazionismo diffuso che si occupa di questo dal basso attraverso mercatini e progetti simili». A differenza di queste esperienze, il lavoro di Insieme resta nell’ambito dei rifiuti: «Noi gestiamo rifiuti, dagli sgomberi delle cantine a quelli industriali, passando per la gestione di isole ecologiche». L’altra differenza sottolineata da Marina è la dimensione del processo: «Abbiamo lavorato per massimizzare l’impatto in città, rendendolo un processo industriale e lavorando sulla tracciabilità: oggi siamo in grado di dire in quale ecocentro è stato acquisito ognuno degli oggetti che rivendiamo in negozio». Il gap normativo nazionale può essere superato con l’intervento diretto delle province, spiega Marina, che potrebbero dare autorizzazioni ad hoc, ma non accade quasi mai. Tutte, secondo la presidente della cooperativa, attendono l’arrivo di un decreto ministeriale che recepisca la direttiva europea sul tema. Decreto che però tarda ad arrivare.

Proprio per il ritardo normativo del nostro Paese la cooperativa si è mossa molto sul piano della progettazione europea, che invece supporta questo filone di lavoro. Oggi la cooperativa conta 200 persone attive di cui 80 sono soci. «Soci veri, partecipi, gente che ci crede», tiene a sottolineare Marina. Ai soci si affiancano 20 volontari e circa 100 persone inserite nei percorsi formativi e occupazionali: uomini e donne che provengono da storie difficili, o appartengono a categorie fragili o definite svantaggiate ai sensi della legge 381 del 1991. «A differenza delle altre cooperative di tipo B – spiega Marina – noi ci concentriamo tanto sulla parte della formazione. Vogliamo rendere le persone che attraversano Insieme idonee al lavoro. Non assumiamo a tempo indeterminato. L’esperienza da noi dura 40 mesi, il tempo sufficiente a osservare il soggetto e verificarne le attitudini. E fornirgli poi una solida formazione che lo renda in grado di sviluppare una professionalità». Le persone coinvolte provengono dalle categorie ufficiali sancite dalla legge come carcere, psichiatria e dipendenze ma, come spiega Marina, ci sono anche tutte le nuove forme di fragilità: le donne vittime di tratta, ci sono gli over 50 che hanno perso il lavoro, o le persone in messa alla prova, destinate a lavori di pubblica utilità.

Il processo messo in campo da Insieme comincia con l’acquisizione dei rifiuti, passa nei centri di preparazione al riutilizzo dove si capisce se è possibile trasformarli in beni o se devono essere avviati al riciclo e, nel primo caso, termina nei negozi, dove i nuovi beni vengono rivenduti. «Sono in tutto quattro, tre dedicati alla vendita al dettaglio e uno all’ingrosso». Per quanto possibile, spiega Fornasier, il target selezionato è di clienti piccoli, così da poter meglio governare la filiera. L’operazione sembra avere successo: negli store vicentini, nel giorno di punta (il sabato) transitano fino a duemila persone. Cittadini di Vicenza, per lo più giovani, attratti anche delle numerose iniziative culturali e di divulgazione su temi ambientali e sociali.

Se i primi quarant’anni di attività hanno guardato a Vicenza, adesso le prospettive sono di allargare il campo d’azione con la creazione di una rete di cooperative sociali per coinvolgere un numero maggiore di ecocentri.

Per Insieme il rapporto con Banca Etica comincia da subito: «Abbiamo partecipato alle primissime assemblee, siamo i soci numero 180». Insieme, spiega la presidente, ha creduto da subito al progetto di un istituto bancario con una forte attenzione all’etica dei propri investimenti. «Con Banca Etica abbiamo mutui, conti, finanziamenti: tutto quello che riguarda le attività bancarie». L’ultimo degli interventi è dedicato allo sviluppo di un progetto vinto nell’ambito del PNRR sulla filiera del tessile da un milione e centomila euro ed è finanziato al 37%: «Banca Etica è stata essenziale, perché il PNRR è in ritardo e noi dovevamo rendicontare le spese effettuate per poter accedere al rimborso». Se molte delle realtà che hanno vinto progettualità del genere, spiega Fornasier, si fermano in attesa delle tranche dei pagamenti, per Insieme non era possibile: lo sviluppo del settore tessile era l’obiettivo di queste annualità e non era possibile bloccare le attività. «Insomma, conclude, dovevamo partire in fretta e il mutuo di 800mila euro di Banca Etica ce lo ha permesso. Non era scontato che ce lo concedessero, – spiega –.  È un importo molto alto e il nostro fatturato arriva appena a 4 milioni, ma grazie a quei fondi siamo sulla traiettoria di raddoppiare la quantità di tessili passando dalle attuali 300 tonnellate all’anno a 600 entro il 2025». Il mutuo ha permesso di effettuare gli investimenti strutturali necessari allo sviluppo della filiera, dai macchinari alla parte digitale al piano di assunzioni.

Anche Marco Baxa, referente di Banca Etica per il progetto, conferma la comunione d’intenti: «Si tratta di un’esperienza unica in Italia e in Europa, che parte dal creare un bene a partire da un rifiuto, andando oltre la nozione di economia circolare. Insieme è una realtà fondamentale per Vicenza e il vicentino. Quando saranno ultimati tutti gli investimenti previsti si potrà parlare di una completa economia circolare per la provincia: raccolta locale di vestiario e tessuti, lavorazione della cooperativa e successivamente reintroduzione nel mercato attraverso i negozi al dettaglio. Da parte mia, come fortunatamente spesso accade con le realtà finanziate da Banca Etica, è bastato incontrarli la prima volta per capire quanto fosse forte la loro spinta ideale e la loro determinazione nell’affermare che un’economia con obiettivi sociali ed ambientali non è soltanto un’operazione di facciata ma realtà quotidiana da perseguire con rigore e sacrificio, ma anche con soddisfazione e risultati oggettivi e misurabili».

Foto di Luca Gallo