FabLab Napoli ha la veste formale di associazione che quest’anno, a marzo, ha festeggiato l’importante traguardo dei dieci anni di attività, ma il suo valore sta nel fatto che rappresenta uno spazio dove convivono lo sguardo sul futuro e sull’innovazione, la volontà di stare insieme e di trasmettere conoscenza. Il suo nome deriva da un format internazionale nato al famosissimo MIT di Boston. Un format che si è propagato a livello globale, generando un network di laboratori simili in tutto il mondo accomunati dal rispetto di determinati requisiti connessi sia alla strumentazione tecnologica e tradizionale (utensili e attrezzi comuni) che mettono a disposizione degli utenti sia dall’approccio alle attività che vi si svolgono, votato all’assoluta condivisione (gratuita) di conoscenza, dei progetti e della loro realizzazione, anche partecipata. Chi entra in un FabLab, infatti, ha la possibilità di sperimentare, validare, conoscere, prototipare… come pure di generare prodotti che interagiscono tra loro attraverso la parte elettronica, fino a creare macchine automatizzate complete, robot.
«Può capitare il caso – spiega Stefano Russo, nella manciata di animatori stabili del FabLab partenopeo – in cui qualcuno venga con un’idea da realizzare e la condivida per svilupparla e costruirla insieme, oppure c’è chi ha un progetto iniziato per il quale chiede collaborazione nel proseguire. Intorno al laboratorio possono inoltre gravitare attività di tipo consulenziale, di supporto piccole startup, ma la base dell’associazione è quella di raccogliere conoscenze e generarne ulteriori da offrire agli associati e alla comunità».
FabLab Napoli, del resto, conta una piccola ma vivace popolazione di una trentina di soci (è prevista una quota annua, ridotta per gli studenti) la cui partecipazione, con una rinnovata presenza di giovani, si sta ora riattivando dopo le difficoltà patite durante la pandemia di Covid-19. Si tratta perlopiù di cosiddetti makers (chi costruisce qualcosa, letteralmente), cioè persone che si destreggiano tra l’elettronica e la realizzazione di ausili e strumenti vari, spesso iscritte alla facoltà di Ingegneria, per esempio, ma anche provenienti dall’Accademia di Belle Arti (l’ex presidente di FabLab Napoli è Antonio Grillo, docente titolare del corso di Nuove Tecnologie dell’Arte). E non a caso, ultimamente, il laboratorio ha pure abbracciato una sorta di filone musicale, con il progetto Officine Musicali Hub supportato specificamente da Banca Etica, per il quale si sono avvicinati ragazzi appassionati e persino un artigiano liutaio, che sta scoprendo l’utilità delle integrazioni elettroniche e digitali al suo mestiere antico. I soci, d’altra parte, dispongono di un accesso facilitato alle macchine e a una serie di attività formative e di lavoro che vengono organizzate durante l’anno, nonché a candidarsi per il master internazionale annuale di alta formazione della FabAcademy in cui, con lezioni a distanza seguite da tutti i FabLab del mondo, gli studenti imparano a padroneggiare tutte le tecniche e gli strumentI di fabbricazione digitale, dalla modellazione 3D alla gestione dei circuiti stampati alla fresatura del legno.
L’incontro con Banca Etica è perciò uno dei pilastri su cui, economicamente, si regge questo lavoro, ma non si esaurisce nel sostegno finanziario attivato per accedere al bando pubblico I Quartieri dell’Innovazione, promosso dal Comune di Napoli.
Lo ricorda Pasquale Asseni, della filiale napoletana, sottolineando che «Il rapporto con FABLAB può esser ricondotto all’idea stessa che ha portato alla nascita dell’associazione, la quale riconosce l’importanza fondamentale della democratizzazione dell’accesso alle tecnologie di produzione, della condivisione e della cultura del fare, come fattori fondamentali per lo sviluppo di un’innovazione sostenibile e responsabile. Da anni, l’associazione è impegnata sul territorio in attività che integrano la didattica tradizionale nelle scuole con l’obiettivo di combattere la dispersione scolastica, come anche significativa è l’attività di formazione professionale, coinvolgendo giovani in un’azione di diffusione culturale dei principi dell’innovazione sostenibile». E lo ribadisce in conclusione Stefano Russo, che aggiunge di aver «trovato in Banca Etica un alleato valido e anche comprensivo delle nostre peculiarità, come istituto che conosce il Terzo Settore e le sue dinamiche, con l’aspetto distintivo di una relazione in cui è possibile avere un rapporto umano, potendo parlare con chi ti conosce bene e, insieme a te, cerca di trovare le soluzioni giuste per le tue esigenze».
Photo Credit: FabLab Napoli
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