In collaborazione con Corrado Fontana, giornalista di Valori.it
Tra Bologna e San Lazzaro di Savena c’è un cantiere edile differente dagli altri. Perché nasce dall’idea di quindici famiglie che si sono ritrovate e hanno scelto di andare ad abitare insieme. Un’idea che a qualcuno, immerso e integrato nel modello delle città cui ci siamo abituati, potrebbe sembrare un po’… balzana, perché nata senza avere la necessità impellente di trovare una nuova casa, ma dalla volontà forte di recuperare le relazioni che si sono perse nei condomini tradizionali. Così è nato il progetto di cohousing che gli stessi partecipanti hanno voluto chiamare Giardino dei folli.
« Per similitudine con quello che succede per l’economia solidale, che si pone il problema se esista o meno un modello economico alternativo, e con il mondo degli acquisti per quanto riguarda il consumo critico – spiega Roberto Ballarini, presidente della cooperativa che sovrintende il progetto –, questo gruppo di famiglie si è posto la domanda se esista o meno un modo diverso di abitare, al di là di ciò che viene proposto dalla società odierna, in cui si sta nei palazzoni con tanti appartamenti in cui esci ed entri senza conoscere gli altri condomini… Questo cambio di prospettiva si è concretizzato per noi nell’acquisto di un terreno che aveva già dei ruderi, con un po’ di verde dove verrà allestito anche un piccolo parco. E senza consumare nuovo suolo abbiamo riqualificato la capacità edificatoria preesistente all’interno del lotto».
Ma quanto costa questa folle idea? Il progetto, ambiziosissimo, ha avuto bisogno di un partner come Banca Etica, che – conclude Ballarini – «ci sta dando le risorse (circa 3,5 milioni di euro, oltre all’accensione di qualche mutuo per alcuni soci della cooperativa), ndr) per poter andare avanti. Li abbiamo conosciuti perché nel mondo dell’economia solidale è un ente noto per le sue finalità, particolari rispetto a una banca “normale”, e ci sembrava giusto, nel momento in cui avessimo avuto bisogno del finanziamento, bussare alla porta di Banca Etica. Siamo sempre in stretto contatto con loro, e per ogni stato di avanzamento ci sentiamo per affrontare eventuali nuove richieste». Il progetto è in piedi da circa 5 anni, ed è partito con un paio di famiglie che hanno fatto volantinaggio all’interno del quartiere, chiamando a raccolta chi fosse interessato. E dai primi incontri, che vedevano la partecipazione di decine di famiglie, via via si è ristretto il campo fino ad arrivare al nucleo finale di 15. Per un progetto socialmente molto interessante per l’attenzione posta alla struttura verticale della comunità, con giovani, adulti, anziani e giovanissimi (già tre i nuovi nati dal 2014) pronti a uno scambio di competenze e servizi. Con spazi comuni pensati per rafforzare le relazioni e compiere al meglio le attività (un salone polifunzionale con un miniappartamento destinato a situazioni di disagio temporaneo segnalate dall’Asl locale; una lavanderia comune; un magazzino per il gruppo di acquisto solidale; una piccola officina).
Il tutto in una struttura dove vengono applicati criteri di bioedilizia e gestione delle risorse. Da qui la scelta di realizzare edifici passivi, sistemi di ventilazione meccanica controllata, l’impianto fotovoltaico, il recupero delle acque grigie per alimentare gli scarichi, il recupero delle acque piovane per l’irrigazione del giardino, gli impianti di fitodepurazione e compostaggio dei rifiuti umidi… I lavori sono in corso, e la fine è attesa entro il 2019. Anche grazie all’autocostruzione svolta dai soci, che hanno collaborato a realizzare parte degli impianti elettrici, si occuperanno di stuccatura e tinteggiatura, montano le porte… mentre i seminterrati, lasciati al grezzo, saranno rifiniti quando la comunità si sarà insediata. E chissà che, alla fine, questa esperienza non possa fare scuola altrove.
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