Procede nel suo percorso etico e imprenditoriale Giuseppe Lippolis. E con lui la sua azienda agricola certificata biologica in evoluzione in quel di Noci, provincia di Bari. «L’idea di Masseria Dirupo – ci racconta – è realizzare un esempio pratico di economia di transizione. I tre obiettivi che mi sono proposto di raggiungere sono l’autonomia idrica, l’autonomia elettrica, l’autonomia alimentare, non solo per me e la mia famiglia ma per tutta l’impresa. Uno degli strumenti per raggiungere questi obiettivi, mostrando di avere anche un approccio all’ambiente più sostenibile, è la diversificazione della produzione. Per cui ho iniziato subito con gli ortaggi. E mentre ho affinato le tecniche di gestione dell’orto – poiché non ero esperto – ho cominciato dal 2011 a piantare alberi da frutto, e ho avviato la trasformazione degli ortaggi in conserve, sottoli, sottaceti, passate, e confetture. Inoltre, finalmente, sto terminando pure le ristrutturazioni per avviare la parte agrituristica dell’azienda».
Pugliese, laureato in psicologia a Padova e con un dottorato di ricerca in comportamento animale svolto in Australia, dopo aver conosciuto Banca Etica lavorando a contatto col mondo del non profit, Lippolis ha perciò elaborato un progetto ambizioso e ben definito di azienda agricola ecocompatibile, ed è tornato nella sua regione di nascita per realizzarlo. Dopo aver acquisito circa 19 ettari di terra, di cui poco meno di dieci di bosco e il resto destinati a seminativo, pian piano ha realizzato l’orto e il frutteto (quest’ultimo più costoso perché impone ingenti investimenti sull’irrigazione e sull’acquisto delle piante), che insieme oggi occupano circa cinque ettari. Attualmente coltiva e trasforma – secondo stagione e disponibilità – pomodori, zucchine, peperoni, melanzane, cocomeri barattieri (pugliesi caratteristici), ma anche mais, girasoli, rape, cavoli, broccoli, fagiolini, mele e pere, pesche percoche, prugne, giuggiole, fichi d’India, bacche di Goji, melograno, mele cotogne, noci, nocciole… Vende i prodotti freschi su filiera corta o cortissima ed evita la grande distribuzione organizzata. Talvolta spedisce più lontano il prodotto trasformato.
Un bel traguardo, perciò. Ottenuto anche grazie all’accompagnamento (e a un importante supporto finanziario) di Banca Etica, iniziato con la scrittura del primo business plan. «Giuseppe – ricorda la responsabile della filiale di Bari, Chiara Candela – è da tempo attivo nel mondo di Aiab regionale e rinnova ogni giorno la sua scelta di vivere a contatto con la natura, traendo sostentamento dal proprio lavoro nei campi e, a breve, nella gestione della struttura agrituristica e di agricampeggio che sta allestendo». Del resto la scelta di Banca Etica, confida Lippolis, è stata sia funzionale che valoriale: «Tanto per fare un esempio, Banca Etica, a differenza di altri, non mi ha chiesto di ipotecare la casa dei miei genitori per accendere il mutuo. Cosa che mi domandavano tutte le altre banche che avevo consultato all’epoca. Ma non avrei scelto nessun’altra banca, comunque, dal momento che mi riconoscevo nella nella sua visione».
E così, mentre si avvicina la fine dei lavori nelle vecchie strutture agricole e nei tipici trulli di proprietà, che Lippolis si auspica possano accogliere da Natale 2022 gli ospiti dell’atteso agriturismo, Masseria Dirupo evolve. E tra miglioramento della produzione, impianti fotovoltaici con accumulo e ripristino e realizzazione di cisterne per l’acqua piovana, prosegue anche il cammino verso l’autonomia energetica (già possiede potenza rinnovabile installata per oltre metà del fabbisogno), idrica (è garantita all’80% per la parte agricola) e alimentare.
Un cammino sempre più accidentato, purtroppo, visto il peso crescente ed evidente del cambiamento climatico: «Fino a qualche anno fa, in estate, anche se c’erano 40 gradi, una media di due o tre piogge significative al mese si verificava. Negli ultimi tre o quattro anni abbiamo avuto una situazione secca da maggio a settembre, senza precipitazioni considerabili. Mentre da settembre a marzo subiamo veri e propri nubifragi che lavano il terreno e danneggiano le strade. E questo ci costringe a utilizzare più acqua. Dal punto di vista della produzione della frutta, sono stato decisamente spaventato dal constatare l’impatto del clima sul prugnolo selvatico, il quale fino al 2015 circa ha garantito produzioni enormi, e da allora praticamente il frutto non c’è o secca sulla pianta. Non solo. Se qualche anno fa ho ricavato fino a circa trenta quintali di farro per ettaro (cioè un buon raccolto), e comunque tra i 18 e i 20 di media, quest’anno ne ho fatti 9 scarsi: le piante sono rimaste basse, i chicchi un po’ vuoti, e più piccoli».
Photo Credits: Giuseppe Lippolis – Masseria Dirupo
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