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In collaborazione con Corrado Fontana, giornalista di Valori.it

C’è chi non ci sta. E allo strapotere delle solite multinazionali, che impiegano e sfruttano il lavoro precario e poco tutelato dei fattorini in bicicletta, ha opposto una logica diversa. La creazione di una cooperativa di riders – cosiddetti perché a cavallo di biciclette e motorini – in cui ciascuno è socio, scommette su se stesso e sull’impresa, in cui viene maggiormente garantito da un vero contratto, che prevede le ferie, l’assicurazione sugli infortuni, la malattia e il trattamento di fine rapporto, ad esempio. Questa è l’esperienza di Defoody, società cooperativa nata a ottobre 2019 a Verona, da cui è scaturito un nuovo marchio per le consegne in città: Food4me. Per ora. Perché potrebbe trattarsi di un modello destinato a fare scuola e a creare una rete capace di cambiare il settore a livello nazionale.

Questa la speranza a lungo termine, ma intanto l’avventura è cominciata dopo le delusioni che l’iniziativa governativa recente aveva determinato, non essendo riuscita a modificare la condizione di questo tipo di lavoratori. E così – ci racconta Francesco Zenere, il presidente di Defoody – «insieme ad altri sette soci abbiamo valutato di distaccarci dalle multinazionali e metterci in proprio, creando una cooperativa che fosse portatrice dei valori e dei bisogni che volevamo fossero garantiti». Il progetto è nato grazie al supporto di CISL e Confcooperative di Verona, e ha beneficiato di un finanziamento di Banca Etica indirizzato ai singoli soci, così da poter accrescere l’ammontare del capitale sociale iniziale raddoppiato grazie al concorso di Cooperazione finanza e impresa (Cfi).

«Banca Etica si è interessata alla nostra attività e da lì è nato un rapporto. Abbiamo chiesto un finanziamento che è servito per l’infrastruttura tecnologica e l’abbigliamento e l’attrezzatura marchiati col nostro logo. Ci è venuta incontro per le spese iniziali e ci ha supportato al 100%. E così siamo riusciti a realizzare il nostro sogno. Non solo. Dagli otto soci che eravamo fino a poco tempo fa siamo già diventati 10, e l’idea è di allargarsi sempre più, assicurando a chi aderisce la possibilità di avere un contratto serio, in concorrenza con le multinazionali del food delivery, che propongono prestazioni occasionali, con un tetto di fatturato oltre il quale si è costretti ad aprire la partita IVA. Naturalmente chi è socio lavora esclusivamente per Food4me, perché deve credere nel progetto fino in fondo, ma aderendo alla nostra cooperativa non ci sono queste limitazioni».

In attesa che la piattaforma Web e l’app di Food4me siano ultimate, il riferimento è affidato al profilo facebook, ma in piena emergenza sanitaria e con le città serrate per contrastare la diffusione del contagio da coronavirus, Zenere e soci non sono rimasti con le mani in mano. E armati di guanti e mascherina hanno seguito nuove e diverse strade, offrendosi per fare la spesa a domicilio, oltre a continuare a collaborare con i pochi ristoratori ancora in attività, «che ci contattano sposando in qualche modo il nostro progetto di maggior tutela. L’epidemia, del resto, ha determinato un grosso calo di lavoro per noi. E perciò speriamo che gli aiuti del Governo arrivino in tempi brevi». D’altra parte Defoody si è guadagnata un accordo per consegnare i prodotti di alcune cooperative e i quotidiani porta a porta di due testate importanti: «L’Arena» e «IlSole24ore». Grazie ai giornali l’impresa registra un po’ meno di un centinaio di consegne al sabato e oltre 200 al giorno dal lunedì al venerdì. Inoltre sta lavorando per sviluppare la consegna di frutta e verdura. Insomma non poco, di questi tempi, ed è per questo che «Per quanto riguarda la fase critica attuale comunque rimaniamo ottimisti – conclude Zenere –, e restiamo a disposizione dei ristoratori che, pian piano, speriamo possano ripartire con l’attività. Perché comunque le consegne a domicilio di cibo cucinato rimangono il nostro business essenziale».

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