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Prima la salute, in ricchezza e povertà

A cura di Corrado Fontana, giornalista di Valori.it

Da secoli uno dei fattori di maggior iniquità e disuguaglianza tra chi è povero e chi invece ha risorse economiche adeguate, è l’accesso alle cure mediche. Se ne accorse bene anche Teofilo Santi, medico e membro delle Chiesa Evangeliche napoletane che, nell’inverno 1944-45, osservava la propria città affamata e semidistrutta dai bombardamenti, con circa 40mila persone erano rifugiate nelle grotte circostanti per mancanza di abitazioni. Da quella consapevolezza, e sulla scorta di una tradizione secolare di assistenza erogata da enti d’ispirazione religiosa, nacque il progetto che si concretizzò nel 1968 con l’inaugurazione dell’Ospedale Evangelico Betania, oggi di proprietà – e sotto l’ombrello giuridico e finanziario – della quasi omonima fondazione.

«Dopo l’iniziale intenzione di realizzare la struttura sanitaria in una proprietà delle Chiese già collocata in un quartiere della Napoli bene – ricorda Emanuela Riccio di Fondazione Evangelica Betania –, Teofilo Santi decise però che la propria missione era altra, e spostò il progetto nel quartiere di Ponticelli. Siamo nella Napoli Est, ed è la municipalità più povera d’Italia, secondo quanto indica l’Istat, e con alti tassi di mortalità anche legati alla trascuratezza delle cure e delle condizioni generali di vita. Lo era e lo è ancora, purtroppo. E questo pur essendo uno dei quartieri a maggior densità di popolazione giovane».

Uno scorcio di Napoli dal Betania 

Non a caso l’ospedale vanta come fiore all’occhiello il reparto materno-infantile, con la terapia intensiva neonatale, ma offre chirurgia generale, ortopedia… e un accreditamento col sistema sanitario regionale che riguarda, tramite i servizi in convenzione, alcune branche delle sue attività: dalla diagnostica per immagini ai ricoveri al laboratorio, mentre resta privata gran parte delle attività ambulatoriali. «Adottando tuttavia delle scelte dalla forte impronta sociale. Grazie al rapporto con la Fondazione, una serie di servizi sono gratuiti per le pazienti più indigenti. Percorsi sanitari come la prevenzione ginecologica, la prevenzione senologica, in primis. Nel percorso di presa in carico prima e dopo la nascita, nella prevenzione del cancro alla mammella su cui siamo una eccellenza campana. Il nostro è un privato non rivolto alle elite», sottolinea Riccio.

Un piccolo paziente del Betania 


Senz’altro anche su questa base – spiega Guido Accardo, responsabile dell’ufficio Patrimoni Responsabili di Banca Etica – «è nata la collaborazione con loro, per un’esigenza della Fondazione in merito alla gestione della liquidità (investimenti in fondi), e si è poi sviluppata anche sul fronte del credito, per sostenere le esigenze legate all’operatività ordinaria dell’ospedale e nuovi progetti. La relazione è decollata velocemente sia per la coincidenza valoriale sia per la trasparenza ed efficienza dei prodotti che la Banca ha messo a disposizione, col forte impegno della collega Gabriella Perrone, responsabile della filiale di Napoli».

Il presidio dell’Ospedale Evangelico Betania, sicuramente prezioso nel contesto di un’area socioeconomicamente fragile, fa il paio con una seconda struttura sanitaria collocata a Genova, anche se le due hanno una riconoscimento giuridico diverso. «L’ospedale di Napoli – precisa Riccio –, in quanto accreditato, non è pari al pubblico ma è “un po’ più che convenzionato”». Una distinzione formale che non impedisce ai suoi medici e infermieri di dare un grande contributo alla città. Nel 2019 ha infatti registrato 1.183 ricoveri ordinari per la medicina generale, oltre 52mila accessi di pronto soccorso, quasi 16mila pazienti trattati tra ricoveri, day hospital e vari regimi di accesso, 2800 interventi di chirurgia generale, oltre 9mila accessi di pronto soccorso ostetrico-ginecologico, 2037 parti con 2102 nati e 475 ricoveri ordinari in terapia intensiva neonatale (Tin) e neonatologia. «La Tin dell’ospedale Betania – conclude Riccio – è tra le più virtuose della Campania e tratta bambini nati prematuri e fortemente prematuri. Il bimbo dal peso più basso nato nella nostra Tin aveva meno di 29 settimane, era quindi estremamente pre-termine, tra i 500 e i 900 grammi».