A cura di Corrado Fontana di Valori.it
«Il periodo del lockdown per la pandemia di coronavirus ha generato una falsa sensazione di sicurezza nei genitori, mentre nei ragazzi, con una maggiore esposizione al Web e con la didattica a distanza, abbiamo notato un fattore moltiplicativo di problematiche di questo tipo, stando all’osservatorio della Polizia postale e di Telefono Azzurro. Una falsa sensazione di sicurezza favorita anche dal fatto che le scuole e gli adulti in quel periodo avevano questioni molto diverse cui dedicarsi». A parlare è Fabrizio Macchia, amministratore delegato di Kaitiaki di Udine, e le “problematiche di questo tipo” cui accenna sono cyberbullismo, hate speech, sexting, body shaming… che tormentano ahinoi molte ragazze e ragazzi italiani che frequentano Internet e i social network. E le loro famiglie.
E così, «Dopo diversi mesi di analisi approfondita su questo argomento – prosegue Macchia –, considerato che gran parte dei genitori delle vittime dichiarate non sono a conoscenza del fatto che i figli stanno subendo fenomeni del genere, abbiamo deciso di trovare il modo per informare gli adulti che ci potesse essere un problema su cui è necessario intervenire. Anche perché più dell’85% dei ragazzi è inconsapevole dei danni che produce e delle conseguenze che rischia, magari mettendo un semplice “mi piace” a un post che riguarda qualcuno che neanche conosce personalmente. Oppure rilanciando e commentando senza cogliere la gravità delle situazioni, e diventando così cyberbulli dal punto di vista della legge».
Da tali assunti è nata l’idea d’impresa che – assumendo un nome di origine maori che rappresenta una sorta di “guardiano della comunità” – si è tradotta nella proposta di applicazioni digitali in abbonamento (Apps) indirizzate alla famiglia e alla scuola. E, come start up innovativa a vocazione sociale, Kaitiaki si è avvalsa del sostegno finanziario agevolato garantito da Banca Etica per i vincitori del bando Innovare in rete. «Dall’edizione 2014 della ricerca EU Kids Online risultava che – sottolinea Enrico Trevisiol, responsabile della filiale di Trieste – più di 11 milioni di ragazzi in Europa, dai 9 ai 16 anni, hanno subito atti di violenza online, e solo il 29% dei genitori ne è venuto a conoscenza. Penso che fare finanza etica sia – anche – concedere credito a un’impresa che vuole rendere il Web e i social network un luogo più sicuro e sereno».
Foto di Dean Moriarty
Kaitiaki SAFE, ad esempio, è l’app che informa i genitori immediatamente quando un ragazzo o una ragazza, che sia vittima o che sia bullo/bulla, si esprime in maniera inappropriata nei confronti di qualcun altro. Una sorta di allarme a seguito di un’analisi del testo effettuata dall’intelligenza artificiale, grazie a una tecnologia che analizza le parole con un’accuratezza del 95% ma è anche in grado di considerare – spiega Macchia – «l’impatto emotivo che potrebbero avere sul destinatario. Qualora ci sia un Alert! avvisiamo i genitori, enucleando il contesto della frase e/o dell’immagine inappropriata – perché da parte dei genitori, codice civile e penale alla mano, c’è il diritto-dovere di educare e vigilare, ma esiste anche il diritto inalienabile del minore alla privacy –. E infatti Kaitiaki non è uno spyware, i genitori non avranno libero accesso alla giusta attività di relazione sociale privata dei ragazzi, ma è una sorta di guardiano silente, non invasivo».
Kaitiaki EDU, in linea con gli indirizzi del ministero, fornisce invece a dirigenti e insegnanti informazioni sul livello di rischio generale e specifico per scuola e per classe, per età e sesso dei ragazzi, per tematiche specifiche (sessuali, religiose, su argomenti come omofobia e razzismo…). Così facendo consente di indirizzare gli interventi, di valutare i risultati, puntando anche a coinvolgere gli studenti cui è garantita la partecipazione anonima ad una piattaforma in cloud.
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