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GIT Ferrara

Gruppo di Iniziativa Territoriale di Banca Etica

DIALOGO SU DIRITTI, GIUSTIZIA, BENI COMUNI: UNA SINTESI DEL PRIMO INCONTRO DI NOVO MODO 2015

Riportiamo di seguito, anche a beneficio di chi non ha potuto partecipare, la sintesi dell’incontro inaugurale dell’edizione 2015 di “Novo Modo”.

L’incontro, intitolato “Dialogo su Diritti, Giustizia, Beni Comuni” , si è tenuto presso l’Auditorium di S. Apollonia venerdì 23 ottobre. Tra il pubblico era presente Laura Zanella, membro del GIT di Ferrara, che ha voluto riassumere l’incontro.

Questa seconda edizione di Novomodo, la “tre giorni” fiorentina tenutasi dal 23 al 25 ottobre 2015 ha avuto come tema le disuguaglianze. Come ha ricordato Alfredo Panerai (educatore e insegnante fiorentino), che ha aperto le riflessioni, le disuguaglianze sono plurali: di reddito, sociali, di diritti, ambientali, ma in realtà sono tutte collegate, sfaccettature di una stessa realtà. Ed è questa visione unitaria che mi sembra sia l’aspetto più urgente da cogliere: che ci si occupi di economia, di energia, di legalità, di educazione, di agricoltura, occorre saper guardare alla realtà nel suo insieme con uno sguardo aperto e critico.

E’ stata una scelta molto significativa quella di affidare l’inizio del dialogo a un facilitatore come Alfredo Panerai, come lui stesso ha ricordato: per ragionare sulle sfide da affrontare e tracciare percorsi comuni, la figura del facilitatore (piuttosto che di un moderatore o coordinatore) è cruciale per stimolare la responsabilità di tutti e non escludere nessuno.

Di seguito ho sintetizzato i concetti essenziali espressi dai diversi relatori del primo dialogo che ha avviato i lavori di Novomodo venerdì mattina.

La prima ad intervenire, dopo la presentazione del dialogo su diritti, giustizia e beni comuni, è stata la professoressa di diritto costituzionale Silvia Niccolai (Università di Cagliari). La domanda con cui ha aperto e chiuso la sua riflessione è la domanda chiave che si pone qualunque cittadino responsabile: può l’economia seguire leggi proprie? Lo può pretendere? La risposta a questa domanda è no, ma quel che più conta sono le motivazioni: etiche certo, in quanto la massimizzazione del profitto fine a sé stesso crea una società iniqua, ma anche per ragioni intrinsecamente “economiche”. La sua affascinante disamina storica sulle città italiane del Medioevo ha evidenziato delle incredibili somiglianze con l’epoca attuale rispetto alla staticità e alla chiusura del mercato, alla politica dei salari bassi (riconosciuta anche allora come radice della povertà), al potere utilizzato esclusivamente per fini egoistici una volta conquistato. Già i giuristi medievali vedevano la falsità del concetto che vede il livello dei salari come mezzo per ottenere un aumento di produttività. Forse non è ancora chiaro, a noi, che quella battaglia non è una pagina di storia del medioevo da relegare nell’oblio collettivo, ma è la stessa in cui ci ritroviamo, qui ed ora.

Il professor Tomaso Montanari, storico e critico d’arte, ha appassionato gli ascoltatori, spaziando da considerazioni storiche (le origini della repubblica dalle macerie della seconda guerra mondiale), giuridiche (la nascita della Costituzione italiana e le figure che hanno contribuito alla sua scrittura), artistiche (l’Italia è un paese unito dalla sua cultura, dal suo patrimonio artistico e il suo paesaggio). Vale la pena ricordare la domanda, con la quale anche lui ha iniziato il suo intervento: a che cosa serve il patrimonio artistico? Subito dopo ha ricordato che che poco tempo fa, Ponte Vecchio, a Firenze, è stato chiuso al normale transito pubblico per una festa privata. Quasi come a chiedere tra le righe: il patrimonio artistico ha valore solo in quanto ha un valore economico perché genera entrate dal turismo? I primi 12 articoli della Costituzione, quelli fondamentali, ci danno una risposta diversa, come nelle intenzioni dei padri costituenti. In particolare l’articolo 9: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.” Come ha ricordato il professor Montanari, la parola “Nazione” è associata alla parola paesaggio, inteso come spazio comune, che è di tutti ed è aperto agli apporti di chiunque ne rispetti la memoria e l’essenza, come un fiume che accoglie degli affluenti scorrendo verso il mare. Non a caso gli stessi autori dell’art. 9 hanno elaborato anche l’articolo 3 che sancisce l’uguaglianza di tutti i cittadini e riconosce come ragione sociale della Repubblica “il pieno sviluppo della persona umana”.

Infine, il professor Alberto Vannucci, professore di scienze politiche all’università di Pisa, ha concentrato la sua attenzione sul tema della legalità. Principio scivoloso, ambiguo, in quanto il rispetto formale delle regole e delle procedure può essere ben diverso dalla legalità sostanziale, tanto che può esistere un paradosso quale “la corruzione a norma di legge”. Si tratta di distinzioni in cui occorre essere pienamente consapevoli della vera natura della corruzione, che può essere meglio definita come un accordo tra pochi per depredare le risorse comuni. Quando la corruzione prende piede tutto diventa mercato, tutto si può comprare con le risorse economiche e non solo (perché il potere d’acquisto assume varie caratteristiche), ma il risultato finale è sempre la sottrazione di beni collettivi a vantaggio di una minoranza di privilegiati, corrotti e corruttori. Insieme alla distorsione di tutti i processi di selezione della classe dirigente. Per tutti questi motivi più che la parola “legalità” diventa centrale la parola “responsabilità”, intesa come capacità di capire quando ci sono fenomeni di abuso, anche se ricoperti da una patina di legalità. Il professore ha ricordato in chiusura una frase di Balzac: “La corruzione è l’arma dei mediocri” perché mancano di altri strumenti propri. Sta a tutti i cittadini combattere questa battaglia per non arrendersi alla mediocrità, con tutti gli strumenti a loro disposizione, primi fra tutti consapevolezza, capacità di dialogo e creatività. 

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