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Palermo sociale, più viva e diversa che mai

A cura di Corrado Fontana, giornalista di Valori

«La pandemia ha confermato e amplificato l’importanza di un tema, e lo dico da siciliano dopo che Eurostat ha decretato che Sicilia e Campania sono le ragioni più povere e a maggior rischio di esclusione sociale d’Europa: c’è solo una via per combattere questa condizione e chi se ne avvantaggia – ovvero illegalità e organizzazioni criminali mafiose – ed è il lavoro. Ma quello vero, sottoposto a contratto, retribuito, e svolto nel rispetto dei diritti delle persone». Noi ci limitiamo a chiosare Parole sante!, mentre chi le ha pronunciate, Claudio Arestivo dell’impresa sociale Moltivolti, va oltre, facendo seguire alla protesta una proposta affermata quotidianamente nel cuore di Palermo. A Ballarò, quartiere laboratorio di una società aperta all’interno della quale vivono 15 diverse comunità e si parlano ben 25 lingue. Qui Moltivolti crea infatti “lavoro vero” e non solo, producendo integrazione, aggregazione, cultura e multiculturalità.

Lo chef di Moltivolti

Un contributo importante che, dalla nascita della società nel 2014, è cresciuto assai. «Oggi – prosegue Arestivo – siamo in 28 da 10 Paesi diversi e animiamo uno spazio di 400 metri quadri che, a partire dal tema del cibo e dalle attività sociali correlate, porta avanti un progetto collettivo di lavoro che garantisce il nostro diritto a restare. Riguarda chi è nato in questa terra in un momento in cui moltissimi continuano a emigrare, ed è nello stesso tempo una promozione del diritto alla mobilità, a poter scegliere il luogo dove vivere. Perché la mia terra è dove poggio i miei piedi».

La mia terra è dove poggio i piedi, il motto di Moltivolti

E Moltivolti ottiene questi obbiettivi ambiziosi in un modo apparentemente semplice. Innanzitutto grazie alla sua parte profit, cioè un ristorante servito da una cucina nella quale lavorano 5 chef con 5 provenienze (Italia, Afghanistan, Senegal, Gambia, Marocco) e “background migratori” differenti. Un luogo dove il buon cibo racconta e sperimenta costantemente la contaminazione e la possibile coesistenza delle persone.

E poi, nel medesimo spazio, con un coworking per associazioni, creando così un modello di “economia circolare“ dove profit e non profit si sostengono a vicenda. Il bar e il ristorante consentono infatti di pagare i costi di struttura per le associazioni che usufruiscono gratuitamente delle postazioni e dei servizi di connessione a Internet etc. E la parte non profit, a sua volta, restituisce all’impresa quel valore di identità sociale che alimenta l’interesse di chi si rivolge alla ristorazione. Ma non è tutto. A ciò si aggiunge un’attività di turismo responsabile innovativa, sviluppata su due buone prassi. Da un lato l’opportunità di compiere viaggi nei Paesi di origine di chi è giunto migrante in Italia e oggi, da palermitano d’adozione, diventa guida per i turisti che desiderino conoscere la sua storia, la sua cultura e i suoi luoghi di provenienza (è successo nel 2020 a 75 palermitani in Madagascar). E poi le visite di Ballarò e del centro storico di Palermo accompagnati da chi, venuto magari da molto lontano, ora ci vive, per scoprire la città con occhi diversi e, spesso, costruire nuove relazioni.

Tutte le realtà che lavorano nel coworking di Moltivolti

Quella di Moltivolti, che pur vive la difficoltà derivata dai lockdown per il coronavirus, è insomma una avventura imprenditoriale preziosa, che cerca occasioni di rilancio e su cui Banca Etica ha scommesso con entusiasmo.

Lo conferma con trasporto Giuseppe Di Stefano, vice-responsabile della filiale palermitana, che sottolinea «il contributo significativo di Moltivolti e tutte le associazioni presenti in un quartiere che sta conoscendo una ripresa evidente dal punto di vista sociale e culturale». Ma è lo stesso Arestivo a riconoscere questo legame: «Banca Etica è vicino a noi, ha creduto nel nostro progetto fin dall’inizio. Lo ha fatto dandoci un sostegno attraverso il fondo Jeremie nella fase di allestimento del nostro spazio. E lo ha fatto anche dal punto di vista morale e di comunicazione, raccontando, ad esempio, l’apertura del nostro spazio ai suoi soci. È  stata molto più che una banca, la considererei quasi un partner nel progetto che abbiamo realizzato».