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Abitare sostenibile – spesso la soluzione é una terza via

In collaborazione con Corrado Fontana, di Valori.it

La parola “casa” è tanto ricca di positività quando evoca calore, sicurezza, protezione, serenità… quanto carica di angoscia se connessa all’assenza, all’incertezza, all’insostenibilità, alla lontananza… Una faccia oscura del termine, questa seconda, che si traduce in numeri in una indagine Federcasa-Nomisma del 2018, nella quale si quantifica il disagio economico abitativo che riguarda addirittura 1 milione e 708 mila famiglie italiane (il 41,8% dei 4,086 milioni di quelle in locazione sul libero mercato), a fronte di un patrimonio dell’Edilizia residenziale pubblica (o anche Erp) che ammonta a poco più di 850mila abitazioni, con tassi di turnover molto bassi. Tradotto: il bisogno di alloggi a costo moderato non risponde alla drammatica urgenza della domanda. Né naturalmente può farlo l’offerta di un libero mercato dove i prezzi di acquisto e di affitto risultano sostanzialmente inaccessibili per un grandissimo numero di nuclei familiari, soprattutto nell’attuale fase di fragilità occupazionale che attraversa il Paese.

Uno scenario sconfortante, insomma, che tuttavia – e per fortuna – non fotografa l’intero ventaglio di possibilità in campo. A cominciare da quelle rappresentate dai progetti di co-housing, spesso sviluppati in cooperativa, dall’autorecupero di patrimoni edilizi (pubblici e non) abbandonati, dalle agenzie che propongono case a regime calmierato per arrivare al social housing che – secondo alcune stime – in città con forte tensione abitativa (Milano, Roma, Torino, Firenze…) consente canoni d’affitto inferiori anche del 40% rispetto al mercato, e prezzi di acquisto al metro quadro piuttosto contenuti. Differenti opportunità che possiamo accomunare nell’ambito di una sorta di “terza via”, tanto più preziosa in un’Italia dove le risorse dedicate alla politiche sociali riescono a ridurre il numero di famiglie a rischio povertà di circa il 21%, a fronte di una media europea del 33%.

Terza via che si concretizza in un’idea di abitare sostenibile perseguita con forza da Banca Etica, e costruita attraverso una serie di iniziative che hanno tutte il medesimo, semplice ma fondamentale obbiettivo: permettere alle persone che non trovano risposta altrove di avere un’abitazione. Come ad esempio accade grazie alla Fondazione La Casa onlus di Padova, costituita nel 2001 in partnership con altri enti e ora modello di “agenzia immobiliare sociale”: a partire dalle singole situazioni di disagio abitativo La Casa elabora infatti soluzioni su misura, che siano di breve, medio o lungo periodo per famiglie italiane e straniere del territorio, ponendosi come interlocutore rispetto ai soggetti istituzionali. Un traguardo immediato, quello dell’alloggio dignitoso, cui viene affiancato un accompagnamento delle persone verso l’inclusione nel tessuto economico-produttivo e sociale. Perché il bisogno della casa porti con sé anche una possibilità di autonomia, ogniqualvolta sia possibile.

D’altra parte Banca Etica non si tira indietro nemmeno quando il percorso appare più faticoso da intraprendere. A Firenze, ad esempio, dove è diventata partner finanziario decisivo della coraggiosa esperienza di autorecupero dell’ex asilo Ritter (di proprietà del comune) e dell’ex ospedale psichiatrico per bambini Bice Cammeo di via Aldini. Un caso che potrebbe fare scuola in molti contesti, dato che ha sta consentendo a una cooperativa nata da un gruppo di persone eterogeneo e con mezzi limitati di realizzare 30 alloggi in due immobili abbandonati per lungo tempo. Un obbiettivo reso possibile dall’offerta del comodato d’uso e da un paziente lavoro congiunto di mediazione istituzionale e solidale. Una mediazione che non è mancata neppure a Messina, dove Fondazione di Comunità e Banca Etica hanno siglato un accordo che aiuta le famiglie che vivono da decenni nelle baraccopoli centenarie di Fondo Saccà e Fondo Fucile ad accedere alle risorse economiche necessarie per acquistare finalmente un’abitazione.

Sono solo alcuni dei progetti di Banca Etica per l’abitare sostenibile, i quali non possono certo essere citati tutti. Tuttavia è importante ricordare che questo impegno, insieme alle attività di finanza etica, ha oltrepassato i confini nazionali grazie Fiare Banca Etica in Spagna, che con Entrepatios Las Carolinas ha inaugurato un co-housing eco-sociale nella capitale Madrid. Mentre in Italia già fiorivano modelli di intervento diversificati. Progetti pensati e realizzati nel segno della valorizzazione – spesso dimenticata – delle relazioni, delle buone pratiche energetiche, della sostenibilità economica, del recupero del patrimonio edilizio riducendo il consumo di suolo. Concetti insiti nella mission di Banca Etica e diventati concreti per iniziativa di cooperative, gruppi e famiglie. Come nell’ecovillaggio Lumen del piacentino o in quello di Torri Superiore a Ventimiglia; oppure nel co-housing Giardino dei folli, dove si costruisce con gli strumenti della bioedilizia, e in altre avventure simili di successo: dal progetto del vecchio borgo a Costapiana di Vicenza al condominio solidale di Primaro, nel ferrarese, dove si abita guardando alle 5 “R” (Ridurre, Riciclare, Riutilizzare, Rispettare, Rallentare). In ognuno di questi casi, la banca ha ascoltato le persone, creduto nelle iniziative, mettendo a disposizione un contribuito di progettazione, oltre a quello finanziario.