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GIT Lazio Sud

Gruppo di iniziativa territoriale di riferimento dei soci di Banca Etica della città di Roma ( Roma Sud) e del Lazio meridionale ( provincia di Roma, Frosinone e Latina)

Ruth in Banca. Che avventura!

Voglio raccontare una “storia italiana”. 

Niente di speciale, ma a mio avviso molto indicativa di come si vive in questo paese. Una storia ambientata in una città carica di arte e meraviglie, nota in tutto il mondo. Una storia in cui si mescolano due temi caldi: 

l’innovazione dell’apparato produttivo (tutti d’accordo in linea di principio) e l’accoglienza degli immigrati (argomento più divisivo del precedente).  

Premessa: ho una madre novantenne in Alzheimer da diverso tempo. Non può vivere senza una badante. Quella che l’ha curata per anni è rimasta bloccata in Perù causa Covid-19. Chissà quando potrà tornare. 

Dunque, d’accordo con i miei fratelli, lasciando la porta aperta al “diritto di ritorno” della badante prediletta, ne abbiamo trovato un’altra. Un’altra peruviana: Ruth, una donnina cinquantenne e alta un metro e cinquanta, piena di vita ma evidentemente segnata da vicende esistenziali pesanti. 

E’ in Italia da molto prima del lockdown. Ancora parla a stento la nostra lingua. Mostra buone capacità nel difficile mestiere di badante. E’ stata sfruttata per un bel po’ di tempo da una “famiglia per bene” dell’Italia più produttiva che le ha affidato un congiunto. Poi l’hanno cacciata. E Ruth ha esaurito molto del poco che aveva messo da parte per pagare avvocati rapaci che si sono occupati, con risultati non definitivi, delle tante incredibili vicende burocratiche che un immigrato trova sul proprio cammino.  

Noi abbiamo fatto i salti mortali e siamo arrivati a regolarizzare la sua posizione.  Giorni fa le abbiamo dato uno stipendio per i primi giorni di lavoro: € 175,63 calcolati secondo regolamenti e tabelle. 

Tutto bene?  Forse l’inizio di una nuova vita?  Forse. Ma l’Italia è un paese imprevedibile, e anche vedersi tradurre in qualche banconota e qualche spicciolo l’ingente somma di € 175,63 diventa un’avventura.  

Che racconto per tappe ravvicinate.

Tappa1. 10 agosto, ore 11.30, temperatura 37 gradi. Ruth arriva nella filiale X della banca A su cui è stato tratto il suo assegno al portatore, non trasferibile. Allo sportello niente da fare: La banca “ha problemi di funzionamento di cassa”. A Ruth viene richiesto di recarsi nella filiale Y.

Tappa 2. Dalla filiale Y Ruth mi telefona: “C’è un problema”. E mi passa l’operatrice di sportello che doveva cambiarle l’assegno, previa verifica dei documenti del portatore. Non basta: occorre “una verifica a tutela del cliente” da parte di chi ha emesso l’assegno. Faccio qualche rimostranza rispetto alla procedura (“non mi sembra legale”) e chiarisco di avere io stessa cambiato assegni alla stessa banca senza che nessuno telefonasse all’emittente dell’assegno! Ottengo qualche scusa di circostanza, ma, poi okay, non c’è problema: l’assegno può essere pagato.

Tappa 3.  Dopo cinque minuti squilla il telefono: la stessa operatrice, si scusa ancora e spiega che non può cambiare l’assegno in quanto “la cassa di questa filiale non dispone dei centesimi”. Si, avete capito bene: NON DISPONE DEI CENTESIMI; dei 63 centesimi necessari per il controvalore in valuta l’assegno. La questione inizia a farsi surreale.  Volano rimostranze, e qualche parola di troppo. La discussione si protrae. Siamo quasi alle 13.00. Niente da fare “la cassa non può squadrare”: l’assegno viene registrato con quella cifra e dunque quei soldi devono uscire fino all’ultimo centesimo.    “Ma non disponiamo dei centesimi, non lo possiamo cambiare”.

Tappa 4. Ore 13.00 chiama il direttore della filiale. Gentile, appare sinceramente sensibile al problema. Si scusa per la prima questione (la telefonata per verificare l’autenticità dell’assegno). Poi si scusa per la questione dei 63 centesimi che lui stesso definisce paradossale.  Ma il problema non si può risolvere lì: bisogna andare alla filiale Z (distanza 6 chilometri) dove sarà possibile cambiare l’assegno. Il direttore si impegna a parlarne con la collega di questa terza filiale.                                                      Ma a questo punto mi arrabbio sul serio: Ruth sta perdendo tempo, ha girato 2 filiali e ora con 37 gradi dovrebbe recarsi alla terza. Non è possibile. Il problema lo debbono risolvere senza carichi ulteriori su di lei. Cerco di essere propositiva: mettete mano al borsellino e mettete in cassa 63 centesimi e risolvete. “Impossibile!

Tappa 5. Ore 13.10. Arriva la telefonata della direttrice della filiale Z.                 E’ seccata, è in ferie, chiama da casa giusto per mostrare disponibilità. Va bene. Darà disposizioni ai cassieri. Ma non oggi. Oggi non è possibile: la cassa riapre alle 14.45 ed è già prenotata da “una famiglia di sordomuti”.         “E dunque? – dico io – Che c’entra?” Nessuna risposta. Ruth dovrà presentarsi il mattino seguente. Dietro mia insistenza ad essere richiamata con una soluzione immediata, riagganciamo. 

Tappa 6. Ore 13.20. Richiama il direttore della filiale scusandosi di nuovo. La soluzione c’è: pagheranno un taxi a Ruth per andare alla filiale Z, per cambiare l’assegno e tornare in centro e poter finalmente prendere un bus e rientrare sul posto di lavoro. Certo dovrà aspettare l’apertura di cassa alle 14,45. Okay?  Okay.

Tappa 7. Ore 15.30. Temperatura alle stelle. Ruth chiama dal bus. Sta tornando. Ma l’assegno non le è stato cambiato perché nell’ultima stazione del suo viaggio paradossale i documenti da lei prodotti non sono stati ritenuti sufficienti. “… la signora non ha documenti né italiani né esteri atti alla corretta identificazione e al relativo censimento”. Ma come è possibile? Ruth ha la fotocopia del passaporto rilasciatole dalla questura (dove hanno il suo passaporto e ha fatto domanda di protezione internazionale), ha fotocopia di carta di identità e un documento rilasciato dal consolato. Con queste carte può vivere e lavorare in Italia. E’ regolarmente assunta con contratto di lavoro, riceve uno stipendio. Ma per la banca tutto ciò non vale.  Ma soprattutto, lo sportello della filiale Y stava già cambiando l’assegno allorquando si sono resi conto del famoso problema dei centesimi! Ma l’identità di Ruth era stata accertata. Dunque? Stessa banca con procedure diverse? Mi arrabbio decisamente.

Tappa 8. Ore 16.00. Telefona il gentile direttore della filiale Y (che ha ricevuto una mail dalla filiale Z). Si scusa nuovamente, prende a cuore la vicenda. E’ alterato per tutti questi intoppi e procederà con una richiesta ai livelli superiori. Per maggiore sicurezza io invio per mail i documenti di identità di Ruth.  Ma, ovviamente, se ne parlerà domani.

Tappa 9. 12 agosto, mattinata. La questione non è risolta.  Che fare?  Il pensiero corre al fatto che nei prossimi giorni daremo a Ruth un altro assegno, relativo alla busta paga del mese di luglio in cui ha lavorato per intero. Dunque molti più soldi da inviare urgentemente in Perù dove la pandemia picchia duro e dove figli e nipoti sono sostanzialmente alla fame. 

Tappa 10. Non ho intenzione di mollare e nei prossimi giorni ci presenteremo allo sportello con due assegni e gli stessi documenti.Vedremo!

Che dire? Che fare? C’è ampia materia per discutere su come una banca che si è affermata come un brand di successo e che trasuda customersatisfaction fin dal suo stesso nome in realtà funzioni peggio dell’ufficio postale di un paesetto polveroso. Una banca che si arena su un servizio essenziale perché non ha in cassa 63 centesimi e nella quale vigono procedure diverse nelle diverse filiali (uno accetta i documenti, l’altro no).  

Non secondariamente c’è materia per discutere di come viene trattata una persona che ha il difettuccio di essere piccola, umile e un po’scura di pelle: il presupposto è che non bisogna fidarsi dei suoi documenti e che può essere spostata come un pacco semovente nel calore torrido della città d’arte. Forse avrà bisogno di quei soldi, ma il me ne frego burocratico (non detto e per questo forse più pesante) può in questo caso essere applicato impunemente: è piccola, un po’ scura di pelle e parla a stento

Commento della suddetta: “jo no compriendo nada. Italia tropo tropo tropo complicada”. Sarebbe facile rispondere “jo no compriendo nada tambien”. E invece purtroppo, per noi è facile comprendere: sappiamo come funzionano le cose nel Bel Paese e come inefficienza, burocrazia e razzismo siano tutte facce di una medesima peste. Peggio del Covid.

Tappa finale

Mi attivo immediatamente con Banca Etica filiale di Firenze. Spiego la situazione, mi chiedono i documenti di Ruth (gli stessi che avevo fornito all’altra banca), inviano tutto in sede centrale e il 25 agosto Ruth si reca alla banca e le aprono il conto. Siamo tutti davvero contenti.                                       Per fortuna c’è Banca Etica.

Sono sempre in contatto con il direttore della filiale Y della banca A. Lui ha fatto richiesta in sede centrale per avere spiegazioni ma ad oggi nessuna risposta. Mi rinnova il suo rincrescimento ma nulla di più si può fare… accidenti a quei 63 centesimi! Altrimenti la sua filiale avrebbe cambiato l’assegno, ma certamente un conto corrente non sarebbe mai stato aperto. 

Viviana Ballini, agosto 2020 socia attiva di Roma

vivi.ballini@gmail.com

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