GenEtica: giovani under 35 per la Finanza Etica
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To be or not to be – THAT is the question.
Non è un richiamo shakespeariano da letterati nostalgici, ma la sintesi che ha
accompagnato le riflessioni degli ospiti dell’Aia Santa (Vicchio) per quattro giorni:
essere o non essere (etici)? C’è una risposta a questo dilemma?
“E se c’è, dov’è? E se dov’è, perché? Eh?”
[semi-cit: C’è Dio? – Aldo Giovanni e Giacomo]
EtiCall, la Summer School alla seconda edizione promossa dal Gruppo Banca Etica, non è
stata una semplice full-immersion di nozioni accademiche. Né un ritiro spirituale per
persone attiviste. Piuttosto un tempo dedicato per concedersi il lusso della lentezza, del
dubbio, della domanda, del dilemma. Per respirare quell’aria che si avverte quando
persone provenienti da strade diverse, ma mosse da principi comuni, si incontrano e
iniziano a interrogarsi insieme.
Il compromesso come bussola (ma che fatica!)
Il percorso è iniziato da una parola spesso guardata con sospetto: “compromesso”. È stata
scomposta, masticata, reinterpretata. È emerso che il compromesso non è tirare i remi in
barca, ma un accordo tra le parti: “promettere insieme” ci direbbero i latini. L’arte di
decidere insieme senza rinunciare a pensare.
Compromettere i propri valori, i propri ideali, rimetterli sul tavolo come quando si prende
una bussola e la si pone su di un piano per orientarsi meglio. Significa prendersi del
tempo, perché il compromesso implica lentezza.
“La questione non è mediare su tutto” – ha detto Simone Siliani, direttore di Fondazione
Finanza Etica – “nessuno vorrebbe un compromesso sulla pena di morte. Ma senza
decisioni e senza compromessi, appunto, non c’è democrazia. E per decidere servono
tempi lenti e principi chiari”.
Tra etica e concretezza: i numeri non sono tutto, ma aiutano
Federica Ielasi, vice-presidente di Banca Etica ha offerto una panoramica basata sui dati
che dicono che le banche etiche sono solide quanto quelle tradizionali. Una notizia che
pare banale, ma che, in un mondo dominato dalla “comunicazione superficiale”, può
diventare un argomento utile.
Samuele Degli Innocenti, organizzatore della 4-giorni, ha invece posto l’accento su un
nodo centrale: il dilemma etico. Non un bug del sistema ma il metodo di discernimento (da
méth-odos, la strada da attraversare). Dilemma significa che non sempre c’è una risposta
giusta evidente. Ma questo non ci esime dal cercarla.
La “prosperità” è una cosa seria
Con Ugo Biggeri, già presidente di Banca Etica e di Etica SGR, nonché
ospite di casa presso l’Aia Santa, è stata ripensata la parola “prosperità”. Dimentichiamoci
il PIL, le percentuali di crescita, “l’inflazione, la svalutazione (e la borsa ce l’ha chi ce l’ha”).
Parliamo invece di relazioni, bisogni reali, capacità di scegliere cosa (e chi) sostenere con
il proprio denaro. Passando quindi dal trinomio People-Planet-Profit a People-Planet-
Prosperity. Perché la finanza etica, se vuole restare etica, dovrà sporcarsi le mani. Abitare
la finanza al suo interno, non fuggirla e costruire un mondo parallelo incapace di
comunicare con la realtà.
Cambiare insieme: tra ego, collettività e gioco
Il cambiamento, si è detto più volte, è sempre collettivo. Sara Segantin non ha usato mezzi
termini: la natura siamo noi. E ogni azione ecologica, se non è condivisa, rischia di essere
una carezza al proprio ego. “Se vuoi puoi, ma non da solo”.
Anche Sara Nocentini ha ribadito che il cambiamento può nascere dal basso, se sa farsi
vedere, se sa raccontarsi bene. Anche chi sta “nelle stanze dei bottoni” è una persona,
quindi può ancora cambiare idea.
E il cambiamento, a volte, può anche passare dal gioco. Leonardo Boncinelli, professore
di economia politica di UniFi, ha mostrato come si possa apprendere in modo profondo attraverso dinamiche ludiche. Perché ciò che si impara giocando, resta dentro più a lungo.
Dialogo e riconoscimento: la base di ogni rivoluzione gentile
Dialogare, ascoltare, entrare in relazione: è questa la sostanza della finanza etica secondo
Anna Fasano, ex presidente di Banca Etica, e Marco Carlizzi, attuale presidente di Etica SGR. Una finanza che funziona solo se resta aperta al dialogo,
continuo, instabile, precario e senza dubbio faticoso. Ma anche profondamente umano. Un
dialogo che richiede cura.
È lo stesso spirito che ha guidato l’incontro con Alena e Bind di “Rondine”. Due giovani
che hanno scelto di sperimentarsi in un contesto nuovo, fatto di conoscenza reciproca
invece che di pregiudizi, di dialogo invece che di conflitto. “Ho guardato negli occhi il mio
nemico e mi sono accorto che non era affatto il mio nemico”.
Barbiana e oltre: l’etica vista dall’ultimo banco
Il viaggio a Barbiana ha rappresentato uno spartiacque. Don Milani, figura in direzione
ostinata e contraria che con il suo motto “I care” (mi sta a cuore) ha ribaltato il motto
fascista (e capitalista?) “me ne frego”. Guardare il mondo dall’ultimo banco è una scelta, è
la prospettiva. È mettersi nei panni degli emarginati. Una scelta che ha ispirato tanti, tra
cui anche un giovane Alex Langer, che appena ventenne salì fino a Barbiana per ascoltare
un prete che parlava di scuola, di giustizia sociale e di economia alternativa.
“Lentius, Profundius, Soavius” (“più lento, più profondo, più lieve”, in latino) era la strada
che proponeva Langer, in alternativa al motto olimpico “Citius, Altius, Fortius” (“più veloce,
più in alto, più forte”). Mai come ora si avverte il bisogno di rallentare, andare a fondo, e
farlo con gentilezza, perché è proprio nella gentilezza, nell’ascolto e nella capacità di
donare che si nasconde il motore per un mondo più prospero e… più giusto. [Chi era Alex
Langer: viaggiatore leggero per la giustizia sociale e ambientale – LifeGate]
Chiamiamola rivoluzione, oppure con-versione se ci va, ma facciamolo con gentilezza e
dalla prospettiva degli ultimi, dei più piccoli. Perché “… il mondo non cambia spesso /
allora la tua vera rivoluzione sarà cambiare te stesso…” scrive Alessandro Mannarino, e
non a caso a dirlo, nella sua canzone Vivere la vita, è la voce di un bambino.
EtiCall non è finita. È appena cominciata.
A cura di Marco Valente