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Gruppo di Iniziativa Territoriale di Banca Etica

Nel convegno di Siracusa Resiliente affascinante excursus sull’economia italiana

L’economista Giovanni Zero ricostruisce fatti e personaggi che hanno segnato la storia del Paese. Tra questi Filippo Cordova, che nel 1868 disse: “Se consentite a una banca privata, senza corrispettivo aureo, di stampare banconote ne farà tante da comprare il Parlamento” 

Il 30 marzo all’Arci di Siracusa, sede di Banca Etica, si è svolto un seminario di Siracusa Resiliente tenuto da Giovanni Zero, economista scomodo, come gli piace farsi definire. La sua trattazione era improntata a percorrere un tragitto storico economico che è partito dall’unità d’Italia fino al 1936 attraverso il pensiero e le azioni di grandi economisti dell’epoca, quasi tutti meridionali, i cui studi e applicazioni furono valutati positivamente solo all’estero. In quel periodo il giovane Stato aveva un estremo bisogno di azioni lungimiranti in grado di far decollare economicamente un Paese tutto da costruire, invece con la scusa e le promesse del nuovo vento liberista agirono sfacciatamente speculatori, imprenditori e banchieri improvvisati con le nefaste conseguenze che seguirono. Continuando, Zero ha ricordato che pure gli enormi progressi acquisiti in campo economico-sociale dal regno delle due Sicilie furono spazzati dai “liberatori” al soldo della massoneria. Una premessa importante è da considerare: “I nostri problemi sono sempre stati geopolitici e militari. Se nell’ottocento c’era l’impero inglese, nel novecento è subentrato quello americano, oggi si parla di multipolarismo tendente a est, Cina e India. L’Italia rimane pur sempre un crocevia importantissimo per la sua posizione strategica”. 

In estrema sintesi: dal 1861 con l’unità d’Italia, l’unificazione monetaria comportò il travaso dell’enorme debito pubblico del nord in quello, quasi nullo, del sud; inoltre si avviarono il liberismo daziario e l’anarchia creditizia che sfociarono nella fame delle masse dei contadini meridionali con effetti dirompenti su tutta l’economia meridionale, causa principale del brigantaggio e di una vera guerra civile al sud, per anni conseguenza poi dell’emigrazione di massa. 

C’era un fenomeno che il grande economista Giovanni Corvaja nel 1868 denunciava, era l’influenza terribile dell’aggiotaggio. Egli affermava: l’aggiotaggio è il giro della carta moneta e del commercio della rendita (debito pubblico/titoli di stato) ristretto a poche classi di società che comporta conseguenze gravissime (anche per un intero Stato). Ricordiamo che l’aggiotaggio è il reato di chi, al fine di turbare il mercato dei valori o delle merci, pubblica o divulga notizie false, esagerate o tendenziose per provocare un aumento o una diminuzione del prezzo delle merci nel pubblico mercato. Ultimamente se n’è avuto un uso sfacciato da parte dei poteri forti verso l’Italia, nel gennaio 2012, quando si è voluta la caduta del governo Berlusconi. 

Analizzando il presunto liberalismo piemontese, dietro c’era la mano francese e inglese con i loro debiti pubblici, contratti con i Rothschild e stanziati alle borse di Londra e di Parigi: possiamo dire che quella giovane Italia appena formatasi si trovò doppiamente incatenata. È da constatare che questi uomini, che si dichiararono alfieri della libertà rispetto alla presunta oppressione borbonica di quel Regno, distrussero uno Stato senza debiti, con poche tasse, con una forza innovatrice in tanti settori economico-sociali, quasi alla pari con le potenze industriali europee, con pochi debiti economici internazionali. 

Zero si è soffermato su un’affermazione: “Queste situazioni, che ieri come oggi accadono nei sedicenti Paesi democratici, ci convincono sempre più che la democrazia è una parola vuota; è solo un’idea come quella dell’uguaglianza innanzi alla legge. L’usciere che abbiamo eletto come democratici si è posto già come aristocratico, perché è un’autorità che può intimarci l’arresto”. 

Continuando nel suo panorama ha poi ritratto un’altra interessante figura quella di un imprenditore, patriota e politico, Alessandro Rossi, che in parlamento il 7 ottobre del 1867 dichiarava: “Il Parlamento dunque accettando unanime la massima del prestito (da altre banche, ndr) e a maggioranza, del prestito anche forzato (verso i più ricchi, ndr), dia segno di buona volontà e di patriottismo. Quanto a me, non vedo innanzi a noi che due vie: l’una che comincia col sacrifizio, con l’abnegazione, col patimento, e a forza di volontà, di energia, di lavoro, di fratellanza, di patriottismo ci condurrà alla prosperità e alla dignità di nazione. L’altra, che comincerebbe col primo miliardo di carta a corso forzoso io, Italiano, non ve la voglio descrivere”. 

Chiaramente la legge non fu approvata. Fu cosi che nacque l’inestinguibilità del debito pubblico. 

Altra grande figura, meridionale, da ricordare è quella di Filippo Cordova, già ministro delle Finanze nella rivoluzione del 1848, utilizzatore della magia della carta moneta di Stato con cui addirittura eliminò l’odiosa tassa sul macinato; dimissionario e reintegrato a furor di popolo (caso unico nella storia di un politico). Dopo il decreto dell’1 maggio 1866 che istituiva il corso forzoso (obbligo di accettazione e impossibilità al cambio in moneta vera) fu nominato Presidente della successiva Commissione d’inchiesta nel nuovo governo italiano, ma fu probabilmente avvelenato nel settembre 1868 non riuscendo a discutere e far approvare l’eliminazione immediata del corso forzoso. Prima di passare a miglior vita, ebbe a dichiarare: “Consentite a una banca privata di emetter banconote senza la rispettiva riserva aurea e questa banca ne stamperà tanta da comprare tutto il parlamento”.

Luigi Luzzatti, altro personaggio fondamentale in quegli anni, spiegava bene quanto difficile fosse lo sfruttamento della magia del credito e della carta moneta specialmente se essa fosse imposta d’autorità da istituzioni private e non in maniera lineare dallo stato. 

Citando vari personaggi in questo lungo periodo storico scopriamo che molti sono ammazzati dai servizi segreti o dalla mafia, per conto di potenze o finanze italiane e straniere, insomma ci si ritrova in un ginepraio totalmente differente rispetto a quello tanto edulcorato studiato sui libri di storia. Oggi con la ricerca di tanti studiosi la storia italiana di quel periodo è stata del tutto ribaltata. 

Avviene nel 1893, con l’omicidio di Notarbartolo, Direttore del Banco di Sicilia, che l’aveva risanato e reso concorrente rispetto alle altre banche, il primo accordo fra mafia e politica che durerà fino ai giorni d’oggi. In quello stesso periodo 1892-94 vi sono i grandi scandali bancari (Banca Romana, fusione tra Banca Nazionale nel Regno e le due Banche Toscane). 

Ed ecco che fra il 1896 e il 1908 la Nazione vive un periodo ineguagliato di sviluppo economico con il contributo fondamentale delle casse di risparmio e le banche popolari, si comprende l’importanza del modello tedesco, delle banche miste con il Credito italiano e la Banca Commerciale Italiana che saranno poi nazionalizzate con legge nel 1936. 

A seguire, nel 1912 nasce l’INA e poi nel 1926 la prima legge sulla tutela del risparmio; così si comincia a capire quanto sia sacro e importante il risparmio e il controllo. La crisi del 1929 è avvertita poco dall’Italia (Paese poco industrializzato) rispetto ad altri paesi molto più industrializzati. Nel 1931 nasce l’IMI, l’istituto mobiliare italiano (finanziamento industriale a medio lungo termine). Poi nel 1933 nasce l’IRI istituto ricostruzione industriale e nel 1936 con la Legge Bancaria scritta da Beneduce, Menichella e Saraceno si ha l’istituzionalizzazione della terza via cioè il compromesso tra liberismo e comunismo. Questo modello sarà quello che garantirà lo sviluppo economico che ha fatto diventare la Nazione la quinta potenza economica mondiale. 

Quale proposta davanti a questo scenario storico economico? Zero propone la costituzione di una Banca Comunale da regolare con i soggetti e le istituzioni che agiscono sul territorio insieme ai cittadini. È una proposta che SRRS deve inquadrare e ben presentare con una moneta complementare locale. In tal modo termina la relazione trattata fluidamente. A seguire vi è stato un intenso dibattito segno d’interesse da parte del numeroso pubblico. Un socio di Banca Etica, anche probiviro nazionale, Nuccio Aliotta, ha dichiarato che Banca Etica da quando è nata si muove nella linea e con gli indirizzi che auspicava l’economista pertanto si trovava in perfetto accordo su quanto enunciato. 

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